Lucrecia Borgia

Ópera en un prólogo y dos actos, con música de Gaetano Donizetti (Bérgamo 1797-1848) y libreto de Felice Romani, basado en el drama Lucrèce Borgia de Victor Hugo. Fue estrenada en el Teatro alla Scala de Milán el 26 de diciembre de 1833.

Tiene fragmentos de gran efecto teatral con música netamente romántica, que superan en elegancia y riqueza orquestal y vocal a otras creaciones de Donizetti. Es una de las pocas óperas cuya base argumental no está basada en una relación amorosa, a pesar de que Genaro se enamora en cierta medida de Lucrecia, en la trama se revela que son madre e hijo; siendo también una excepción en el panorama de la ópera romántica por el gran número de cantantes que necesita, por lo cual fue representada en menor medida de lo que hubiera sido en relación a su gran popularidad.

Personajes
LUCRECIA BORGIA

DON ALFONSO

GENARO

MAFFIO ORSINI

RUSTIGHELLO

ASTOLFO

JEPPO LIVEROTTO

APOSTOLO GAZELLA

OLOFERNO VITELOZZO

ASCANIO PETRUCCI

GUBETTA

CRIADO

COPERO

VOZ FUERA DE ESCENA

Duquesa de Ferrara

Duque de Ferrara

Joven soldado de nacimiento desconocido

Joven aristócrata, amigo de Genaro

Hombre de confianza del Duque

Agente secreto de la duquesa

Amigo de Genaro

Amigo de Genaro

Amigo de Genaro

Amigo de Genaro

Agente secreto de la Duquesa

Soprano

Bajo

Tenor

Mezzosoprano

Tenor

Bajo

Tenor

Bajo

Tenor

Bajo

Tenor

Tenor

Barítono

Barítono

 

PROLOGO
(Terrazzo nel palazzo Grimani in Venezia
È notte. Si sta celebrando quello carnevale. 
Ad entrambi i lati della terrazza quello 
palazzo è splendidamente illuminato.
In fondo il canale della Giudecca, sul quale 
si veggono a passare ad intervalli nelle 
tenebre  alcune gondole. In lontano Venezia al
chiaror della luna. Alcune donne e uomini
attraversano di tratto in tratto il teatro, 
portando nelle sue mani maschere. Alcuni
persone mascherate si fermano e si intr
attengono parlando tra sé. Entrano, ridendo e
parlando, Gennaro, Orsini, Gazella, Petrucci,
Vitellozzo, Liverotto e Gubetta )

GAZELLA
Bella Venezia!

PETRUCCI
Amabile!

GAZELLA E PETRUCCI
D'ogni piacer soggiorno!

ORSINI
Men die sue notti è limpido
D'ogn'altro cielo il giorno.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Bella Venezia! amabile!
D'ogni piacer soggiorno!
Men di sue notti è limpido
D'ogn'altro cielo il giorno.

(Corron d'ogni parte a veder le 
dame e le maschere che passeggiano.)

E l'orator Grimani
Noi seguirem domani:
Tali avrem mai
Tali delizie in rive al Po?

GUBETTA 
(inoltrandosi)
Le avrem.
D'Alfonso è splendida, 
lieta la Corte assai ...
Lucrezia Borgia ...

GLI ALTRI E CORO
(interrompendolo)
Acquetati, non la nomar giammai.

VITELLOZZO
Nome esecrato è questo.

LIVEROTTO
La Borgia ... io la detesto ...

TUTTI E CORO
Chi le sue colpe intendere,
E non odiarla può?

ORSINI
Io più di tutti. Uditemi ...

(Tutti si accostano.)

Un veglio ... un indovino ...

GENNARO
Novellator perpetuo 
esser vuoi dunque Orsino?

LIVEROTTO, VITELLOZZO, GUBETTA, 
PETRUCCI E GAZELLA
Taci.

GENNARO
Lucrezia Borgia pace:
Udir di lei mi spiace ...

LIVEROTTO, VITELLOZZO, GUBETTA, 
PETRUCCI E GAZELLA
Taci, non l'interrompere; 
breve il suo dir sarà.

GENNARO
Io dormirò ... destatemi quando finito avrà.

(Gennaro si adagia, e a poco a poco si
addormentata.)

ORSINI
Uditemi.
Nella fatal di Rimini e memorabil guerra,
Ferito e quasi esanime io mio giaceva a terra ...
Gennaro a me soccorse,
Il suo destin mi porse,
E in solitario bosco mi trasse e mi salvò.

GLI ALTRI E CORO
La sua virtù conosco, la sua pietade io so.

ORSINI
Là nella notte tacita, 
lena pigliando e speme,
Giurammo insiem di vivere 
e di morire insieme.
"E insiem morrete,"
Voce gridò sonora:
E un veglio in veste nera 
gigante a noi s'offrì.

GLI ALTRI E CORO
Cielo!

ORSINI
"Fuggite i Borgia, o giovani," 
ei proseguì più forte ...

GLI ALTRI E CORO
Qual mago egl'era ...

ORSINI
"Odio alla rea Lucrezia ... 
dov'è Lucrezia è morte" ...

GLI ALTRI E CORO
... per profetar così?

ORSINI
Sparve ciò detto: e il vento
In suono di lamento
Quel nome ch'io detesto
Tre volte replicò!

GLI ALTRI E CORO
Rio vaticinio è questo.
Ma fede puoi dargli?
No, no, no, no!

CORO
Senti. La danza invitaci.
Bando a sì triste immagini ...
Passiam la notte in gioia.
Assai quell'empia femmina
Ne diè tormento e noia.

(Odesi la musica d'una banda dall'interno 
del palagio)

ORSINI
Fede a fallaci oroscopi 
l'anima mia non presta.
Non presta fe', no, no, no, no.
Ma pur, mio malgrado, 
un palpito sovvenir mi desta.
Spesso dovunque movo,
Quel vegliardo trovo,
Dovunque movo,
Quella minaccia orribile 
parmi la notte udir.

GLI ALTRI E CORO
Finchè il Leon temuto
Ne porge asilo e aiuto,
Il Leon temuto,
L'arti e il furor de' Borgia
Non ci potran colpir, no, no.
Vieni, la danza invitaci ...
Lasciam costui dormir.

(Partono tutti, traendo seco Orsini.)

ORSINI
Te, mio Gennaro, invidio,
che puoi così dormir.
Ah! Spesso dovunque movo,
quel veglio orrendo io trovo.

LIVEROTTO E VITELLOZZO
Vieni

ORSINI
Quella minaccia orribile
parmi la notte udir.

GLI ALTRI E CORO
Finchè il Leon temuto, ecc.
Vieni, lasciam costui dormir, ecc.

ORSINI
Ma pur, mio malgrado, ecc.
Te, mio Gennaro, ecc.

(Approda una gondola: n'esce una 
dama mascherata. È Lucrezia: 
s'inoltra guardinga. Vede Gennaro 
addormentato e s'appressa a lui 
contemplandolo con piacere e rispetto. 
Gubetta le va incontro.)

LUCREZIA
Tranquillo ei posa .
Oh sian così tranquille
Le sue notti sempre!
E mai provar non debba
Qual delle notti mie,
Quant'è il tormento!
Ah, e mai provar non debba!

(a Gubetta)

Sei tu?

GUBETTA
Son io. Pavento che alcun vi scopra:
Ai giorni vostri, è vero, scudo è Venezia;
Ma vietar non puote che 
conosciuta non v'insulti alcuno.

LUCREZIA
E insultata sarei! 
m'abborre ognuno!
Pur, per sì trista sorte 
nata io non era ...
Oh! potess'io far tanto 
che il passato non fosse,
E in un cor solo destare 
un senso di pietade e amore
Che invano al mondo 
in mia grandezza io chiedo!
Quel giovin vedi?

GUBETTA
Il vedo, 
e da più dì lo seguo,
E indarno tento scoprir l'arcano 
che per lui vi tragge
Da Ferrara a Venezia in tanta ambascia ...

LUCREZIA
Tu scoprirlo! Nol puoi! 
Seco mia lascia.

(Gubetta parte. Mentre Lucrezia si 
avvicina a Gennaro non si accorge di 
due uomini mascherati che passano 
dal fondo, e si fermano in disparte.)

LUCREZIA 
(guardandolo con affetto)
Com'è bello! Quale incanto
In quel volto onesto e altero!
No, giammai leggiadro tanto
Non sel pinse il mio pensiero.
L'alma mia di gioia è piena,
Or che alfin lo può mirar ...
Ma risparmia, o ciel, la pena
Ch'ei debba un dì sprezzar.
Se il destassi? ... No: non oso,
Nè scoprire il mio sembiante:
Pure il ciglio lacrimoso
Terger debbo un solo istante.

(Lucrezia si toglie la maschera e si asciuga 
le lagrime. Alfonso e Rustighello parlano a 
voce bassa)

DUCA
(indietro mascherato)
Vedi? è dessa.

RUSTIGHELLO
È dessa ... è vero.

DUCA
Chi è il garzone?

RUSTIGHELLO
Un venturiero.

DUCA
Non ha patria?

RUSTIGHELLO
Nè parenti; 
ma è guerrier fra i più valenti.

DUCA
Di condurlo adopra ogn'arte 
a Ferrara il mio poter.

RUSTIGHELLO
Con Grimani all'alba ei parte,
Ei previene il tuo pensier.

(Duca e Rustighello partono)

LUCREZIA
Mentre geme il cor sommesso,
Mentre piango a te d'appresso,
Dormi e sogna, o dolce oggetto,
Sol di gioia e di diletto,
Ed un angiol tutelare
Non ti desti che al piacer!
Ah! triste notti e veglie amare
Debbo sola sostener
Gioie sogna, ed un angiol
Non ti desti che al piacer!
Si voli il primo a cogliere
bacio d'un santo amore,
quell'innocente core
riposi sul mio cor.
Un dolce sogno, un estasi,
un lusinghiero incanto!
La vita a lui d'accanto,
delizia fia d'amor,
Si voli il primo a cogliere, ecc.

( Lucrezia si avvicina a baciare la mano a
Gennaro. Gennaro si desta e affetta 
Lucrezia per la braccia.)

Ciel!

GENNARO
Che vegg'io?

LUCREZIA
Lasciatemi.

GENNARO
No, no, gentil signora.

LUCREZIA
Lasciatemi.

GENNARO
(trattendola)
No, per mia fede.

LUCREZIA
Ah! lasciatemi.

GENNARO
No, per mia fede!
Ch'io vi contempla ancora!
Leggiadra, amabil siete;
Nè paventar dovete
Che ingrato ed insensibile
Per voi si trovi un cor.

LUCREZIA
Gennaro! e fia possibile
Che a me tu porti amor?

GENNARO
Qual dubbio è il vostro?

LUCREZIA
Ah! dimmelo.

GENNARO
Sì quanto lice, io v'amo.

LUCREZIA
(fra sè)
Oh gioia! ... 

GENNARO
(incerto)
V'a ... v'a ...

(deciso)

V'amo. Eppure, uditemi ... 
esser verace io bramo, Sì, io bramo.
Avvi un più caro oggetto,
Cui nutro immenso affetto.

LUCREZIA
E ti è di me più caro?

GENNARO
Sì.

LUCREZIA
Chi è mai?

GENNARO
Mia madre ell'è.

LUCREZIA
Tua madre! ...

GENNARO
Sì.

LUCREZIA
Tua madre! ... Oh mio Gennaro! 
tu l'ami?

GENNARO
Al par di me.

LUCREZIA
Ed ella?

GENNARO
Ah! compiangetemi: 
io non la vidi mai.

LUCREZIA
Ma, come? ...

GENNARO
È funesta istoria, 
Che sempre altrui celati,
Ma son da ignoto istinto
A dirla a voi sospinto;
Alma cortese e bella ...

LUCREZIA
(fra sè)
Tenero cor!

GENNARO
... nel vostro volto appar.

LUCREZIA
Ah! favella, favella ...
Tutto mi puoi narrar.

GENNARO
Di pescatore ignobile 
Esser figliuol credei,
E seco oscuri in Napoli 
Vissi i prim'anni miei.
Quando un guerriero incognito 
Venne d'inganno e trarmi;
Mi diè cavallo ed armi,
E un foglio a me lasciò.

LUCREZIA
Ebben?

GENNARO
Era mia madre, ahi misera! 
Mia madre che scrivea ...
Di rio possente vittima 
Per sè, per me temea;
Di non parlar, nè chiedere 
il nome suo qual era
Calda mi fe' preghiera,
Ed obbedita io l'ho.

LUCREZIA
(si asciuga le lagrime)
E il foglio suo?

GENNARO
Miratelo: 
Mai dal mio cor si parte.

LUCREZIA
Oh! quante amare lagrime 
Forse in vergarlo ha sparte!

GENNARO
Ed io, signora, oh quanto 
su quelle cifre ho pianto!
Ma che? voi pur piangete?

LUCREZIA
Ah sì.

GENNARO
Piangete?

LUCREZIA
Per lei ... per te ...

GENNARO
Per me? ...

LUCREZIA
Per te.

GENNARO
Piangete per me? Piangete per me?
Alma gentil voi siete, 
Amor più cara a me.

LUCREZIA
Ama tua madre, e tenero 
Sempre per lei ti serba ...
Prega che l'ira plachisi 
Della sua sorte acerba ...
Prega che un giorno stringere 
Ella ti possa al cor.

GENNARO
L'amo, sì, l'amo, e sembrami 
Vederla in ogni oggetto ...
Una soave immagine 
Me n'ho formato in petto;
Seco, dormente o vigile, 
Seco favello ognor.

LUCREZIA
(fra sè)
Tenero cor!

GENNARO
Alma gentil 
voi siete, più cara a me.

LUCREZIA
Ah! Ama tua madre,
e tenero ...

GENNARO
L'amo ...

LUCREZIA
... sempre per lei ti serba ...

GENNARO
... sempre ...

LUCREZIA
... Prega che l'ira plachisi 
della sua sorte acerba.

GENNARO
Sì.

LUCREZIA
Prega che un giorno stringere 
ella ti possa al cor.
Prega che un giorno stringere , ecc.

GENNARO
Una soave immagine, ecc

(Si avvicinano da varie parti 
le maschere: escono paggi 
con torcie, che accompagnano 
dami e cavalieri.)

LUCREZIA
Gente appressa ... io ti lascio.

GENNARO
(trattendola)
Ah! fermate, 
fermate.

ORSINI
(riconosce Lucrezia, 
l'addita ai compagni)
Che mai veggo?

LUCREZIA
M'è forza lasciarti.

GENNARO
Deh! chi siete almen dirmi degnate.

LUCREZIA
Tal che t'ama, ...

GENNARO
Chi siete? ...

LUCREZIA
... e sua vita è l'amarti.

GENNARO
Chi siete?

ORSINI
(avanzandosi)
Io dirollo ...

LUCREZIA
(si copra colla maschera il volto 
e vuole allontanarsi)
Gran Dio!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
(opponendosi)
Non partite.

(riconducendola)

Forza è udirne.

LUCREZIA
Gennaro! ...

GENNARO
(ai suoi amici)
Che ardite?
S'avvi alcun d'insultarla è capace,
Di Gennaro più amico non è.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Chi siam noi sol chiarirla ne piace, ...

LUCREZIA
(fra sè)
Oh cimento!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
... e poi fugga da te.

LUCREZIA
Oh cimento!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Forza è udirne.

GENNARO
Favellate.

ORSINI
Maffio Orsini, signora, son io,
Cui svenaste il dormente fratello.

VITELLOZZO
Io Vitelli, cui feste lo zio
Trucidar nel rapito castello.

LIVEROTTO
Io nipote d'Appiano tradito,
Da voi spento infame convito.

GENNARO
(fra sè)
Ciel! che ascolto!
Ah! O cielo, che ascolto!

PETRUCCI
Io Petrucci del Conte cugino ...

LUCREZIA
(Fra sè)
Oh! Malvagia mia sorte!

PETRUCCI
... Cui toglieste di Siena il domino.

CORO
Qual rea donna!

GAZELLA
Io congiunto d'oppresso consorte,
Che faceste nel Tebro perir.

LUCREZIA
(Fra sè)
Ciel! ove fuggo? 
che fare, che dir?
Ah! ove fuggo? 
che fare, che dir?

CORO
Ah!
Cielo! Quel rea donna!

GENNARO
(Fra sè)
Oh ciel! Ohimè! 
ah! che ascolto, giusto ciel!
Oh ciel! Che far, che far?

ORSINI
Maffio Orsini, signora, so io, sì, son io.

VITELLOZZO
Io Vitelli, signora, son io, sì,

LIVEROTTO
Io nipote d'Appiano, sì son io.

PETRUCCI E GAZELLA
Sì, siam noi, siamo noi.

LUCREZIA
Malvagia mia sorte!

CORO
Ah! Cielo! Qual rea donna!

GENNARO
(Fra sè)
Oh ciel! che ascolto!

LUCREZIA
(Fra sè)
Malvagia mia sorte!

(piange)

CORO
Va, rea donna, va, va, va!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Or che a lei l'esser nostro è palese, 
odi il suo.

GENNARO E CORO
Dite, dite.

LUCREZIA
Ah! pietade! ah! pietade! ...

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Odi il suo ...

LUCREZIA
No. Ah!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Ella è donna che infame si rese,
Che l'orrore sarà d'ogni etade ...

LUCREZIA
Grazia! grazia!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Ella è donna venefica, impura, vilipese,
Oltraggiò la natura.

LUCREZIA
Ah! Gennaro! ...

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Com'è odiata è temuta del paro, ...

GENNARO
Questa donna?

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
... Chè possente il destino la fè.

GENNARO
Ah! ma chi è mai?

LUCREZIA
(in ginocchio)
Non udirli, Gennaro!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Chi? Vuoi saperlo?

GENNARO
Sì, chi è mai? ...

LUCREZIA
Per pietà, non udirli!

GENNARO
Ah! lo dite.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Com'è odiata è temuta del paro, ecc

LUCREZIA
Ah! No, no! Grazia!
Non udirli, no, no

GENNARO
Ah! Ma chi è? dite, 
Cielo! Dite tal donna chi è.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA E CORO
Ella infame si rese, ecc.
Il destino potente la fè.

GENNARO
Dite, dite.
Ah! Il destino potente la fè

LUCREZIA
Gennaro! No, Gennaro!
Ah! Non udirli, non udirli.
Ah! Mio Gennaro!

ALTRE MASCHERE
Ah! Ma chi è mai? Ma chi sarà?

GENNARO
Ma chi è mai?

(Lucrezia si toglie la sua maschera)

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA E CORO
È la Borgia ...

GENNARO
Dio! ...

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA E CORO
Ravvisala.

GENNARO
Va, va, va.

ALTRE MASCHERE
La Borgia!

LUCREZIA
Ah!

(Tutti fuggono. Lucrezia segue Gennaro,
tenendolo per le ginocchia..)
PRÓLOGO 
(Terraza del palacio Grimani en Venecia. 
Es de noche. Se está celebrando el 
carnaval. A ambos lados de la terraza el 
palacio está espléndidamente iluminado. 
Al fondo, el canal de la Giudecca, por el 
que se ven pasar unas góndolas en las sombras. 
A lo lejos, Venecia a la luz de la luna. De vez 
en cuando, mujeres y hombres vienen y van, 
magníficamente disfrazados, llevando 
en sus manos máscaras. Algunas personas 
enmascaradas se paran y se entretienen 
hablando entre sí. Entran, riendo y hablando, 
Genaro, Orsini, Gazella, Petrucci, Vitellozzo, 
Liverotto y Gubetta)

GAZELLA 
¡Bella Venecia!

PETRUCCI
¡Amable!

GAZELLA Y PETRUCCI
¡Morada de todos los placeres!

ORSINI
El día, en cualquier otro sitio, 
es menos límpido que sus noches.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO,  
PETRUCCI Y GAZELLA 
¡Bella Venecia! ¡Amable!
El día, en cualquier otro sitio, 
es menos límpido que sus noches. 
El día, en cualquier otro sitio,

(Corren de todas partes a ver a las
damas y a las máscaras que están paseando)

Y al orador Grimani 
mañana seguiremos: 
¿tendremos también deleites 
como éstos, cerca del Po?

GUBETTA
(adelantándose)
Los tendremos.
Espléndida y alegre, 
es la corte de Alfonso...
Lucrecia Borgia...

LOS OTROS Y CORO 
(interrumpiéndole)
Cállate, no la nombres. 

VITELLOZZO
Ése es un nombre maldito.

LIVEROTTO
La Borgia... yo la detesto...

TODOS Y CORO
¿Quién puede conocer sus delitos
y no odiarla?

ORSINI
Yo más que nadie. Escuchad...

(Todos se acercan.)

Un anciano... un adivino...

GENARO
¿Perpetuo narrador 
quieres ser, Orsini?

LIVEROTTO, V1TELLOZZO, GUBETTA,  
PETRUCCI Y GAZELLA 
¡Calla!

GENARO
Deja en paz a la Borgia:
odio oír hablar de ella.

LIVEROTTO, V1TELLOZZO, GUBETTA,  
PETRUCCI Y GAZELLA
Calla, no le interrumpas;
su relato será breve.

GENARO
Voy a dormir. Despertadme cuando acabe.

(Se pone cómodo y poco a poco se
adormece)

ORSINI
Escuchadme.
En la guerra de Rímini, fatal y memorable,
herido y casi exánime, yo yacía en tierra...
Genaro me socorrió,
me subió a su caballo,
y a un bosque solitario me llevó y me salvó.

LOS OTROS Y CORO
Su valor conozco, y su piedad también.

ORSINI
Allí, en la silenciosa noche,
tomando aliento y llenos de esperanza,
juramos vivir juntos
y juntos morir.
"Y juntos moriréis", entonces
gritó una voz sonora:
y un anciano vestido de negro,
gigantesco, apareció.

LOS OTROS Y CORO
¡Cielos!

ORSINI
"Huid de los Borgia, jóvenes",
añadió más tarde...

LOS OTROS Y CORO
¿Acaso era un mago...

ORSINI
"Odio a la malvada Lucrecia,
donde esta ella, está la muerte."

LOS OTROS
... para así profetizar?

ORSINI
¡Desapareció, y el viento 
como un lamento,
ese nombre que detesto
tres veces repitió!

LOS OTROS Y CORO
Malo es el vaticinio,
pero ¿puedes creerlo? 
No, no. No, no.

MÁSCARAS
Escucha, la danza nos llama.
Dejémonos de tristes imágenes,
pasemos la noche alegremente.
Demasiado, esa malvada mujer,
nos atormenta y molesta.

(Se oye la música de una orquesta en el
interior del palacio)

ORSINI
Crédito a falaces horóscopos
mi alma no concede,
no concede, no, no, no.
Mas, a pesar mío, 
de alarma me llena ese recuerdo.
En cualquier sitio que me encuentre,
al horrendo anciano yo veo.
Dondequiera que me encuentre,
Aquella horrible amenaza
en la noche me parece oír.

LOS OTROS Y CORO
Mientras el León temido
nos de cobijo y ayuda,
el León temido,
las malas artes y el furor de los Borgia 
no nos podrán herir, no, no, etc. 
Ven, la danza nos llama, 
dejémosle dormir.

(Todos parten, llevando consigo a Orsini)

ORSINI
Envidio, Genaro,
que puedas dormir así.
¡Ah! En cualquier sitio que me encuentre,
al horrendo anciano yo veo

LIVEROTTO Y VITELLOZZO
Ven.

ORSINI
Aquella horrible amenaza 
en la noche me parece oír.

LOS OTROS Y CORO
Mientras el León temido, etc. 
Dejémosle dormir, etc.

ORSINI
Mas, a pesar mío, etc. 
Envidio, Genaro, etc.

(Llega una góndola. De ésta sale una 
dama enmascarada. Es Lucrecia. 
Avanza con cuidado. Ve a Genaro 
dormido y se acerca a él, 
contemplándole con afecto y respeto. 
Gubetta sale a su encuentro)

LUCRECIA
Tranquilo descansa.
¡Oh! ¡Sean tan apacibles
siempre sus noches!
Y nunca sepa
cuán grande es de mis noches
el tormento!
¡Y nunca sepa!

(a Gubetta)

¿Eres tú?

GUBETTA
Soy yo. Temo que alguien os descubra:
vuestra vida, es verdad, Venecia protege;
pero impedir no puede que,
reconocida, os insulten.

LUCRECIA
¡Y me insultarían!
¡Todos me odian!
Para suerte tan triste
no había nacido.
¡Oh! Si pudiera hacer
que el pasado no existiera,
y en un solo corazón
despertar la piedad y el amor,
¡que inútilmente al mundo
para mí fama pido!
¿Ves a ese joven?

GUBETTA
Lo veo,
desde hace días lo sigo,
inútilmente intento descubrir el misterio
que tras él os ha traído
de Ferrara a Venecia con tanta angustia.

LUCRECIA
¡Descubrirlo no puedes!
Déjame con él

(Gubetta se va, Lucrecia se dirige hacia 
Genaro sin darse cuenta de que el duque 
Alfonso y Rustighello, ambos enmascarados, 
pasan por el fondo y se quedan a un lado)

LUCRECIA
(mirándolo con afecto)
¡Qué hermoso es! ¡Qué encanto 
hay en su rostro honesto y noble!
¡No! Nunca tan hermoso
lo imaginó mi pensamiento.
Mi alma se llena de alegría
ahora que puede contemplarle.
Ahórrame, o cielo, la pena
de que un día pueda despreciarme.
¿Si le despertara?... No, no me atrevo...
ni a descubrir mi rostro.
Debo secar mis lágrimas...
un solo momento.

(Lucrecia Se quita su máscara y seca sus
 lágrimas. Alfonso y Rustighello hablan 
en voz baja)

DUQUE ALFONSO
(detrás enmascarado)
¿Ves? Es ella.

RUSTIGHELLO
Es ella, es verdad.

DUQUE ALFONSO
¿Quién es el joven?

RUSTIGHELLO
Un aventurero.

DUQUE ALFONSO
¿No tiene patria?

RUSTIGHELLO
Ni parientes; 
pero es un guerrero de los más valientes

DUQUE ALFONSO
Usa cualquier arte para
atraerlo a Ferrara.

RUSTIGHELLO
Al alba parte con Grimani:
se adelanta a tus deseos.

(Alfonso y Rustighello se van.)

LUCRECIA
Mientras mi corazón gime en secreto,
mientras lloro a tu lado,
duerme y sueña, ¡oh! dulce objeto,
solamente alegría y deleite,
y que un ángel tutelar
¡te despierte para el placer!
¡Oh! Tristes noches y amargas velas
sólo yo debo sufrir.
¡Sueña alegrías y que un ángel
te despierte para el placer!
Que sea el primero en recoger
el beso de un santo amor;
que ese inocente corazón
repose sobre el mío.
¡Un sueño dulce, un éxtasis,
un encanto lisonjero!
La vida junto a él
será una delicia de amor.
Que sea el primero en recoger; etc.

(Ella besa la mano de Genaro, 
y éste se despierta y coge
a Lucrecia por el brazo)

¡Cielos!

GENARO
¿Que veo?

LUCRECIA
¡Dejadme!

GENARO
No, no, gentil señora.

LUCRECIA
¡Dejadme!

GENARO
(reteniéndola)
¡No, a fe mía!

LUCRECIA
¡Ah, dejadme!

GENARO
¡No, a fe mía!
¡Dejadme contemplaros!
Hermosa y amable sois;
no debéis temer
que desagradecido e insensible
para vos pueda ser un corazón.

LUCRECIA
¡Genaro! ¿Es posible
que tú me quieras?

GENARO
¿Cómo podéis dudarlo?

LUCRECIA
¡Ah, dímelo!

GENARO
Sí, os amo, todo lo que se puede amar.

LUCRECIA
(para sí)
¡Oh! ¡Felicidad!

GENARO
(dudando)
Pero... Pero...

(Decidido)

Os amo. Sin embargo, Oidme:
ser sincero deseo, sí, lo deseo.
Existe un ser más querido,
al que inmensamente quiero.

LUCRECIA
¿Más querido que yo?

GENARO
Sí.

LUCRECIA
¿Quién es?

GENARO
Es mi madre.

LUCRECIA
¿Tu madre?

GENARO
Sí.

LUCRECIA
¿Tu madre? ¡Oh, Genaro!
¿Tú la quieres?

GENARO
¡Como a mí mismo!

LUCRECIA
¿Y ella?

GENARO
¡Ah! Compadecedme.
Nunca la he visto.

LUCRECIA
¿Cómo es eso?

GENARO
Es una triste historia,
que siempre he ocultado,
pero un instinto extraño
me empuja a revelárosla;
un alma cortés y bella...

LUCRECIA
(para sí)
¡Tierno corazón!

GENARO
... en vuestro rostro brilla.

LUCRECIA
¡Ah! ¡Habla, habla... 
puedes contármelo todo!

GENARO
De un pescador innoble
me creí el hijo;
con él, en Nápoles
pasé mi oscura infancia.
Pero un día un soldado desconocido 
vino a sacarme del error; 
me dio caballo y armas, 
y me dejó una carta.

LUCRECIA
¿Y entonces?

GENARO
¡Era mi madre, ay mísera!
mi madre me escribía...
de un malvado poderoso víctima,
por ella y por mí temía;
me pedía no hablar ni preguntar
cuál era su nombre.
Ansiosa, suplicaba,
yo le he obedecido.

LUCRECIA
(se seca las lágrimas)
¿Y su carta?

GENARO
Miradla:
de mi corazón nunca se separa.

LUCRECIA
¡Oh! ¡Cuántas amargas lágrimas
debió de llorar al escribirla!

GENARO
Y yo, señora, ¡cuánto 
sobre estas líneas he llorado!
¿Qué veo? ¿También lloráis?

LUCRECIA
¡Ah! Sí.

GENARO
¿Lloráis?

LUCRECIA
Por ella... por ti.

GENARO
¿Por mí?

LUCRECIA
Por ti.

GENARO
¿Lloráis por mí? ¿Lloráis por mí?
Tenéis un alma gentil
os quiero cada vez más.

LUCRECIA
Ama a tu madre,
y se tierno con ella.
Ruega que se aplaque la ira
de su suerte cruel.
Ruega que un día estrecharte
pueda contra su corazón.

GENARO
La amo, sí, la amo y creo
verla en todas las cosas,
una dulce imagen
de ella conservo en el pecho;
con ella, dormido o despierto,
hablo a todas horas.

LUCRECIA
(para sí)
Tierno corazón.

GENARO
Alma gentil,
os quiero cada vez más.

LUCRECIA
¡Ah! Ama a tu madre,
y sé tierno...

GENARO
La amo.

LUCRECIA
... siempre con ella...

GENARO
... Siempre...

LUCRECIA
Ruega que se aplaque la ira
de su suerte cruel.

GENARO
Sí.

LUCRECIA
Ruega que un día estrecharte
pueda contra su corazón.
Ruega que un día estrecharte, etc.

GENARO
Una dulce imagen, etc.

(Varios personajes disfrazados con máscaras 
se aproximan de diversas direcciones; 
salen pajes con antorchas acompañando 
a damas y caballeros)

LUCRECIA
Se acerca gente. Te dejo.

GENARO
(reteniéndola)
¡Ah! Deteneos, 
deteneos.

ORSINI
(reconoce a Lucrecia
y la señala a sus compañeros)
¡Que veo!

LUCRECIA
Por fuerza he de dejarte.

GENARO
¡Ah! Al menos, dignaos decirme quién sois.

LUCRECIA
Alguien que te quiere...

GENARO
¿Quién sois?

LUCRECIA
... y es toda su vida quererte.

GENARO
¿Quién sois?

ORSINI
(adelantándose)
Yo te lo diré.

LUCRECIA
(cubriendo su cara con una 
máscara e intentando escapar)
¡Dios mío!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
(cerrándole el paso)
No partáis. 

(Reconociéndola)

Tenéis que oírnos.

LUCRECIA
¡Genaro!...

GENARO
(a sus amigos)
¿Cómo os atrevéis?
Si alguien es capaz de insultarla,
de Genaro ya no será amigo.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Quienes somos, queremos explicarle...

LUCRECIA
(para sí)
¡Oh, cruel prueba!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
... Y después que se marche.

LUCRECIA
¡Oh, cruel prueba!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
¡Tenéis que oírnos!

GENARO
¡Hablad!

ORSINI
Maffio Orsini, señora, yo soy,
a cuyo hermano, dormido matasteis.

VITELLOZZO
Yo Vitelli. A mi tío vos hicisteis
degollar en su propio castillo.

LIVEROTTO
Yo sobrino de Appiano, traicionado
por vos en un infame banquete.

GENARO
(para sí)
¡Cielos, qué oigo!
¡Ah! ¡Cielos, qué oigo!

PETRUCCI
Yo Petrucci, primo del conde

LUCRECIA
(para sí)
¡Oh, suerte cruel!

PETRUCCI
... al cual, de Siena, quitaste el señorío.

MÁSCARAS
¡Qué mujer tan malvada!

GAZELLA
Yo pariente de un infeliz marido,
que hicisteis ahogar en el Tiber.

LUCRECIA
(para sí)
¡Cielos! ¿A dónde huir?
¿Qué hacer, qué decir?
¡Ah! ¿A dónde huir?
¿Qué hacer, qué decir?

MÁSCARAS
¡Ah!
¡Cielos! ¡Qué mujer tan malvada!

GENARO
(para sí)
¡Oh cielos! ¡Ay de mí!
¡Ah, qué oigo, santo cielo!
¡Oh cielos! ¿Qué hacer, qué hacer?

ORSINI
Maffio Orsini, señora, yo soy, sí.

V1TELLOZZO
Vitelli, señora, yo soy, sí.

LIVEROTTO
Yo sobrino de Appiano, sí.

PETRUCCI Y GAZELLA
Sí, somos nosotros, somos nosotros.

LUCRECIA
¡Cruel es mi suerte!

MÁSCARAS
¡Qué mujer tan malvada!

GENARO
(para sí)
¡Oh cielos, qué oigo!

LUCRECIA
(para sí)
¡Cruel es mi suerte!

(Solloza)

MÁSCARAS
¡Vete, mujer malvada, vete, vete!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Ahora que nuestra identidad ya conoce,
conozcamos la suya.

GENARO Y MÁSCARAS
Hablad, hablad.

LUCRECIA
¡Ah, piedad! ¡Ah, piedad!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Conozcamos la suya.

LUCRECIA
No. ¡Ah!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Es mujer que infame se hizo 
y que será el horror de todos los siglos. 

LUCRECIA
¡Gracia! ¡Gracia!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Esta mujer venenosa, impura, escarneció, 
ultrajó la naturaleza.

LUCRECIA
¡Ah, Genaro!...

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Es tan odiada y temida...

GENARO
¿Esta mujer?

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
.... como poderosa la hizo el destino.

GENARO
¡Ah! Pero, ¿quién es?

LUCRECIA
(de rodillas)
¡No les escuches, Genaro!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
¿Quién? ¿Quieres saberlo?

GENARO
Sí. ¿Quién es?...

LUCRECIA
Por piedad, no les escuches.

GENARO
¡Ah! Decidlo.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Es tan odiada, y temida como etc.

LUCRECIA
¡Ah! ¡No, no! ¡Por piedad!
No les escuches, no, no.

GENARO
¡Ah! Pero, ¿quién es? Decid.
¡Cielos! Decid quién es esta mujer.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA Y LAS MÁSCARAS
Ella infame se hizo, etc. 
Poderosa la hizo el destino.

GENARO
Hablad, Hablad.
¡Ah! Poderosa la hizo el destino.

LUCRECIA
¡Genaro! No. ¡Genaro!
¡Ah! No les escuches, no les escuches.
¡Ah! ¡Genaro mío!

OTRAS MÁSCARAS
¡Ah! Pero ¿quién es? ¿Quién es?

GENARO
¿Quién es?

(Lucrecia se quita su máscara.)

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA Y LAS MÁSCARAS
¡Es la Borgia!

GENARO
¡Dios mío!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA Y LAS MÁSCARAS
Miradla.

GENARO
Vete, vete, vete.

OTRAS MÁSCARAS
¡La Borgia!

LUCRECIA
¡Ah!

(Todos huyen. Lucrecia sigue cogiendo a
Genaro por las rodillas)
ATTO PRIMO
      
 
Scena prima

(Una piazza di Ferrara. Da un lato 
palazzo con verone, sotto al quale
 uno stemma di marmo, ove è scritto 
con caratteri visibili di rame dorato: 
BORGIA. Dall'altro piccola casa
coll'uscio sulla strada, le cui finestre 
sono illuminate di dentro. Notte.
Alfonso e Rustighello entrano vestendo
lunghe cappe)

DUCA
Nel veneto corteggio 
Lo ravvisasti?

RUSTIGHELLO
E me gli posi al fianco, 
E lo seguii come se l'ombra
Io fossi del corpo suo.

(Addita la casa di Gennaro.)

Quello è il suo tetto.

DUCA
Quello?
Appo il ducale ostello
Lucrezia il volle!

RUSTIGHELLO
E in esso ancora il vuole,
Se non m'inganna 
Di quel vil Gubetta
L'ira e il redir, 
E lo spiar furtivo.

DUCA
Entrava ei puote, 
Non ne uscir mai vivo.

(Odesi voci e suoni 
della casa di Gennaro.)

Odi?

RUSTIGHELLO
Gli amici in festa ...

CORO
Viva! Evviva!

RUSTIGHELLO
... tutta la notte accoglieva 
in quelle porte il giovin folle.

CORO
Viva! viva!

RUSTIGHELLO
Separarsi all'alba han per costume.

DUCA
E l'ultim'alba è questa 
Che al temerario splende;
L'ultimo addio 
Che dagli amici ei prende.

CORO
Viva! evviva! Viva! Viva!

DUCA
Vieni: la mia vendetta
È meditata e pronta;
Ei l'assicura e affretta
Col cieco suo fidar.
Ah! Vieni; la mia vendetta, ecc.

RUSTIGHELLO
Ma se l'altier Grimani
Là si recasse ad onta?

DUCA
Mai per cotesti insani
Me non vorrà sfidar, no, no.
Qualunque sia l'evento
Che può recar fortuna,
Nemico non pavento
L'altero ambasciator.
Non sempre chiusa ai popoli
Fu la fatal Laguna,
Ad oltraggiato principe
Aprir si puote ancora.

(I suoni della casa di Gennaro si fan 
più vicini, si spengono i lumi.)

RUSTIGHELLO
Tutta la notte in festa.

DUCA
E l'ultima sarà.

RUSTIGHELLO
L'ultimo addio sarà.

DUCA
Sì. Qualunque sia l'evento, ecc

(Vanno via, al tempo che Orsini, 
Liverotto, Vitellozzo, Petrucci, Gazella, 
Gubetta e Gennaro escono della casa 
di questo ultimo, tutti sono allegri, eccetto 
Gennaro che sta pensoso. Gubetta 
Rimane a parte) 

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZZELLA
Addio, Gennaro.

GENNARO
(con serietà)
Addio, nobili amici.

ORSINI
Ma che? ... 
deggio sì mesto mirarti ognor? ...

GENNARO
Mesto non già.

(Fra sè)

Potessi, se non vederti, 
almen giovarti, o madre!

ORSINI
Mille beltà leggiadre saran stasera 
al genial festino,
Cui la gentil m'invita 
Principessa Negroni.
Ove qualcuno obliato avess'ella.
A me lo dica: 
di riparar l'errore è pensier mio.

GENNARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZELLA
Tutti fummo invitati.

GUBETTA
(avanzandosi)
E il sono anch'io.

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZZELLA
Oh! il signor Beverana!

(Tutti gli vanno incontro, 
tranne Gennaro e Orsini.)

GENNARO
(a Orsini)
Da per tutto è costui!
Già da gran tempo 
m'è sospetto ...

ORSINI
(a Gennaro)
Oh, non temer: 
uom lieto, e qual siam tutti,
Una sventato è desso.

VITELLOZZO
Or via! così dimesso
Io non ti vo', Gennaro.

LIVEROTTO
Ammaliato t'avria 
forse la Borgia? ...

GENNARO
E ognor di lei
V'udrò parlarmi? 
Giuro al cielo, signori,
Scherzi non voglio. 
Uomo non v'ha
Che abborra al par di me costei.

PETRUCCI
Tacete. È quello il suo palagio.

GENNARO
E il sia. Stamparle e in fronte 
vorrei l'infamia,
Che a stampar son pronto 
su quelle mura
Dov'è scritto "Borgia".

(Sale un gradino, e colla punta del 
pugnale fa saltar via il "B" del "Borgia".)

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZZELLA
Che fai?

GENNARO
Leggete adesso.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI E GAZZELLA
Oh diamin! ORGIA!

GUBETTA
Una facezia è questa,
Che può costar domani 
ben cara a molti.

GENNARO
Ove del reo si chieda,
Me stesso a palesar pronto son io.

(Si vedono indietro due 
uomini vestiti di nero.)

ORSINI
Qualcun ci osserva ... Separiamci.

TUTTI
Addio.

(Gennaro rientra in casa. 
Gli altri si disperdono.
Entrano Astolfo e Rustighello)

RUSTIGHELLO
Qui che fai?

ASTOLFO
Che tu t'en vada 
fermo aspetto.
E tu che fai?

RUSTIGHELLO
Che tu sgombri la contrada 
fermo attendo.

ASTOLFO
Con chi l'hai?

RUSTIGHELLO
Con quel giovine straniero 
ch'ha qui stanza;
E tu con chi?

ASTOLFO
Con quel giovine straniero ...

RUSTIGHELLO
Con quel?

ASTOLFO
... Che pur esso alberga qui.

RUSTIGHELLO
Dove il guidi?

ASTOLFO
Alla Duchessa. 
E tu dove?

RUSTIGHELLO
Al duca appresso.

ASTOLFO
Oh! la via ... non è istessa.

RUSTIGHELLO
Nè conduce a un fine istesso.

ASTOLFO
L'una a festa ...

RUSTIGHELLO
L'altra a morte ...

ASTOLFO
L'una a festa ...

RUSTIGHELLO
L'altra a morte ...

RUSTIGHELLO E ASTOLFO
Delle due qual s'aprirà?
Del più destro del più forte
Dal voler dipenderà.

(Rustighello fa un segno dal cantonte 
della strada: entra un drappello di 
scherani, i quali circondo Astolfo.)

RUSTIGHELLO E CORO
Non far motto: parti, sgombra:
Il più forte appien lo vedi.
Guai per te se appena un'ombra
Di sospetto a lui tu porgi!
Sai che un solo qui tutto regge:
Somma legge è il suo voler, ecc.

ASTOLFO
Lo so,
Ma il furor della Duchessa...

RUSTIGHELLO E CORO
Taci, e d'essa, no, non temer

ASTOLFO
... della Duchessa?

RUSTIGHELLO E CORO
Taci, e d'essa, no, non temer.
Al suo nome, alla sua fama
Fè l'audace estrema offesa.

ASTOLFO
Fè l'audace estrema offesa.

RUSTIGHELLO E CORO
Vendicarsi il Duca brama:
Impedirlo è stolta impresa.

ASTOLFO
Certo, certo, è stolta impresa.

RUSTIGHELLO E CORO
Se da saggio oprar tu vuoi,
dèi piegare, partir, tacer.

ASTOLFO
Parto, sì... che avvenga poi ...
Vostro sia, non mio pensier.

RUSTIGHELLO E CORO
Parti, ...

ASTOLFO
Parto, sì ...

RUSTIGHELLO E CORO
... parti ...

ASTOLFO
... parto, sì ...

RUSTIGHELLO E CORO
... parti!
Tu dèi piegar, partir, tacer,
Se da saggio oprar tu vuoi, ecc

ASTOLFO
Vostro sia, non mio pensier, ecc

(Astolfo si ritira. Rustighello e gli scherani
atterrano le porte della casa di Gennaro)

Scena seconda

(Sala nel palazzo ducale.
Gran porta in fondo. A dritta un uscio 
chiuso da invetriata. A sinistra un altro 
uscio segreto. Tavolino nel mezzo coperto 
di velluto. Alfonso entra con Rustighello)

DUCA
Tutti eseguisti? ...

RUSTIGHELLO
Tutto. 
Il prigioniero qui presso attende.

DUCA
Or bada. 
A quella in fondo segreta sala,
Della statua a piedi 
dell'avol mio,
Risposti armadi schiude 
quest'aurea a chiave.
Ivi d'argento un vaso, 
e un d'or vedrai:
Nella propinqua stanza ambo gli reca ...
Nè desio ti tenti dell'aureo vaso ...
Vin di Borgia è desso.

(Rustighello fa per partire.)

Attendi. All'uscio appresso
Tienti di spada armato.
Ov'io ti chiami I vasi apporta; 
ov'altro cenno intendi ... 
col ferro accorri.

USCIERE
(dalla porta)
La Duchessa.

DUCA
(a Rustighello)
Affretta.

(Rustighello parte; allora attraverso delle 
porte di cristal, gli è visto passando di un 
lato ad un altro. Lucrezia entra)

DUCA
Così turbata?

LUCREZIA
A voi mi trae vendetta.
Colpa inaudita, infame 
a denunziarvi io vengo.
Avvi in Ferrara 
chi della vostra sposa
A pien meriggio oltraggia il nome, 
e mutilarlo ardisce.

DUCA
M'è noto.

LUCREZIA
E nol punisce? 
e il soffre Alfonso in vita?

DUCA
A noi dinanzi tosto fia tratto.

LUCREZIA
Qual ei sia, 
pretendo che morte egl'abbia,
E al mio cospetto; 
e sacra ducal parola
Al vostro amor ne chiedo.

DUCA
E sacra io dolla.

(all'Usciere)

Il prigionier.

(L'Usciere parte. Si presenta Gennaro 
disarmato fra le guardie.)

LUCREZIA
(Fra sè, turbata al vederlo)
Che vedo!

DUCA
(con un sorriso)
Noto vi è desso?

LUCREZIA
(Fra sè)
O ciel! Gennaro! 
Ahi qual fatalità!

GENNARO
La vostra Altezza, o Duca, 
toglier mi fece Dal mio tetto a forza 
da gente armata.
Chieder posso, io spero, d'ond'io mertai 
questo rigore estremo?

DUCA
Capitano, appressate ...

LUCREZIA
(Fra sè)
Io gelo ... io tremo.

DUCA
Un temerario osava testè, di giorno, 
dal ducal palagio con man profana
Cancellar l'augusto nome di "Borgia"
Il reo si cerca.

LUCREZIA
Il reo non è costui ...

DUCA
D'onde il sapete?

LUCREZIA
(subito)
Egli era stamane altrove ...
Alcun de' suoi compagni 
Commise il fallo.

GENNARO
Non è ver.

DUCA
L'udiste? ... 
Sia te sincero, e dite 
se il reo voi siete ...

GENNARO
Uso a mentir non sono;
Chè dalla vita istessa 
più caro ho l'onor mio.
Duca Alfonso, il confesso ... 
il reo son io.

LUCREZIA
(Fra sè)
Misera me! ...

DUCA
(piano a Lucrezia)
Vi diedi la mia ducal parola ...

LUCREZIA
Alcuni istanti favellarvi in segreto,
Alfonso, io bramo.

(Fra sè)

Deh! secondami o ciel!

(A un cenno di Alfonso, 
Gennaro è condotto via.)

DUCA
Soli noi siamo. Che chiedete? ...

LUCREZIA
Vi chiedo, o signore,
Di quel giovane illesa la vita.

DUCA
Come? dianzi cotanto rigore?
L'ira vostra è sì tosto sparita?

LUCREZIA
(con vezzo)
Fu capriccio ... 
A che giova ch'ei mora?
Giovin tanto! ... Perdono gli do.

DUCA
La mia fede vi diedi, o signora,
Nè a mia fede giammai fallirò.

LUCREZIA
Ma, Duca ...

DUCA
Mai.

LUCREZIA
Ascoltate ...

DUCA
Mai.

LUCREZIA
(frenandosi)
Don Alfonso ... favore ben lieve
Voi regate a sovrana ... a consorte!

DUCA
Chi v'offese irne 
impune non deve ...
Voi chiedeste, 
io giurai la sua morte.

LUCREZIA
Perdoniam: siam clementi del paro ...

DUCA
No.

LUCREZIA
La clemenza è regale virtù

DUCA
Lo giurai.

LUCREZIA
Ah perdoniam, siam clementi del paro, ecc
Ah, la clemenza è regale virtù, ecc.

DUCA
No mai!
Io giurai ... no! la giurai ...no!
Giurai, cadrà, sì, cadrà, sì!
No, non posso, no, non posso.

LUCREZIA
E si avverso a Gennaro 
chi vi fè, caro Alfonso?

DUCA
(prorompendo)
Chi? ... Tu.

LUCREZIA
Io? che dite?

DUCA
Tu l'ami, sì, tu l'ami ...

LUCREZIA
(Fra sè)
Che ascolto! ...

DUCA
In Venezia il seguisti.

LUCREZIA
(Fra sè)
Ah! giusto cielo!

DUCA
Sì, tu l'ami, e il seguisti.

LUCREZIA
Io?

DUCA
Anche adesso nel volto
Si legge l'empio ardor che nutristi.

LUCREZIA
Don Alfonso!

DUCA
T'acqueta.

LUCREZIA
Vi giuro, ah, giuro ...

DUCA
Non macchiarti di nuovo spergiuro.

LUCREZIA
No.

DUCA
Tu l'ami 
e in Venezia il seguisti.

LUCREZIA
Don Alfonso!!

DUCA
E omai tempo ch'io prenda
De' miei torti vendetta tremenda;
E tremenda da questo momento
Sul tuo complice infame cadrà.

LUCREZIA
(in ginocchio)
Grazia, ah grazia, Alfonso, pietà!

DUCA
L'indegno vo' spento.

LUCREZIA
Per pietà!

DUCA
Più non odo pietà, non odo pietà

LUCREZIA
Non odi pietà? no?

DUCA
No.

LUCREZIA
No?

(sorgendo)

Oh! a te bada, a te stesso pon mente,
Don Alfonso, mi quarto marito!
Omai troppo m'hai vista piangente,
Omai troppo il mio core è ferito.
Al dolore sottentra la rabbia ...
Ti potria far la Borgia pentir,
Bada, bada, Alfonso, bada, 
Ti potria far la Borgia pentir.

DUCA
(con ironia)
Mi sei nota: 
nè porre in oblio
Chi sei tu, se il volessi, potrei;
Ma tu pensa che il Duca son io,
Che in Ferrara, 
e in mia mano tu sei ...
Io ti lascio la scelta s'ei debba
Di veleno o di spada morir,
Pensa, pensa s'egli debba di spada morir.
Scegli.

LUCREZIA
(fuor di sè)
Oh Dio!

DUCA
Scegli.

LUCREZIA
Dio possente!
Oh! a te bada, a te stesso pon mente, 
don Alfonso, mio quarto marito! ecc

DUCA
Mi sei nota, mi sei nota 
Ma tu pensa che il Duca son io.
Va. Ma qui deve morir.
Taci. Partir, vanne, vanne
Qui deve morir, scegli, s'egli debba
di veleno o di spada morir.

(per uscire)

Trafitto tosto ei sia.

LUCREZIA
Deh! t'arresta ...

DUCA
Ch'ei cada.

LUCREZIA
Non commetter sì nero delitto.

DUCA
Scegli, scegli ...

LUCREZIA
Ah! non muoia di spada!

DUCA
Sii prudente: d'appresso ti sono ...
Nulla speme ti è dato nutrir.

(Fa cenno che venga Gennaro.)

LUCREZIA
L'infelice al suo fato abbandono ...
Uom crudele! ... mi sento morir ...

(Cade sopra una sedia. Gennaro è introdotto 
dai guardia.)

DUCA
(a Gennaro)
Della Duchessa ai prieghi,
Che il vostro fallo obblia
È forza pur ch'io pieghi,
E libertà vi dia.

LUCREZIA
(Fra sè)
Oh! come ei finge!

DUCA
E poi ... tanto è valore in voi,
Che d'Adria il mar privarne,
E Italia insiem, no vo!

GENNARO
Quai so darne,
grazie, signor, ven do.

LUCREZIA
(Fra sè)
Perfido!

GENNARO
Pur poichè dirlo è dato
Senza temer viltade ...
In uom che l'ha mertato,
In beneficio cade.

DUCA
Come?

GENNARO
Di vostra Altezza il padre
Cinto d'avverse squadre
Peria, se scudo e aita
Non gli era un venturier.

DUCA
E quel voi siete? ...

LUCREZIA
(sorgendo)
E vita voi gli serbaste?

GENNARO
È ver.

LUCREZIA
(Fra sè)
Duca! ...

DUCA
(Fra sè)
L'indegna spera.

LUCREZIA
(fra sè)
S'ei si mutasse!

DUCA
(fra sè)
È vano.

(a Gennaro)

Seguir la mia bandiera vorreste, 
o Capitano? ...

GENNARO
Al Veneto Governo 
nodo mi stringe eterno ...
E sacro è un giuro.

DUCA
(guardando Lucrezia)
Il so ...

LUCREZIA
(Fra sè)
Dio!

DUCA
(a Gennaro)
Il so.

(presentandogli una borsa)

Questo oro almen ... deh! ...

GENNARO
Assai da' miei signori io n'ho.

DUCA
Almen, siccome antico
Stile è fra noi degli avi,
Libare a nappo amico
Spero che a voi non gravi ...

GENNARO
Sommo per me favore
Questo sarà, signore ...

DUCA
Gentil la mia consorte
Coppiera a noi sarà.

LUCREZIA
(fra sè)
Stato peggior di morte!

(si alza per fuggire)

DUCA
(prendendola la mano)
Meco, o Duchessa!

(Fa cenno a Rustighello.)

Olà!

(a Lucrezia in disparte)

Guai se ti sfugge un moto,
Se ti tradisce un detto!
Uscir dal mio cospetto
Vivo quest'uom non dè.

LUCREZIA
(a Alfonso)
Oh! se sapessi a quale ..

DUCA
Taci, 

LUCREZIA
... opra m'astringi atroce...

DUCA
taci.

LUCREZIA
... per quanto sii feroce,
Oh! se sapessi a quale, ecc
Ne avresti orror con me.
Ah per pietà! Ah, no, per pietà!
Va! non v'è mostro egual ...
Colpo maggior non v'ha, no, no,
ne avresti orror con me, ecc.

GENNARO
(fra sè)
Meco benigni tanto
Mai non credea costoro ...
Trovar perdono in loro
Sogno pur sembra a me.
Madre! esser dee soltanto
Del tuo pregar mercè.

DUCA
(a Lucrezia)
Guai se ti sfugge un moto, ecc.
Versa il liquor, t'è noto ...
Strano è il ribrezzo in te.
Uscir dal mio cospetto vivo non dè

(Rustighello porta due brocche di vino 
una di argento ed un'altra di oro)

DUCA
(Lucrezia versa dal vaso d'argento.)
Or via: mesciamo.

GENNARO
Attonito per tanto onor son io.

DUCA
A voi, Duchessa ...

LUCREZIA
(fra sè)
Il barbaro!

DUCA
(a Lucrezia)
Il vaso d'or.

LUCREZIA
(fra sè)
Gran Dio!

(Lucrezia versa dal vaso d'oro.)

DUCA
(dando il bicchiere a Gennaro)

V'assista il ciel, Gennaro.

GENNARO
Fausto vi sia del paro.

(Bevono.)

LUCREZIA
(a Alfonso)
Vanne: non ha natura
Mostro peggior di te.

GENNARO
(fra sè)
Madre, è la mia ventura
Del tuo pregar mercè.

DUCA
(a Lucrezia sottovoce)
Trema per te, spergiura!
Vittima prima egli è.

(a voce alta a Lucrezia )

Or, Duchessa a vostr'agio potete
Trattenerlo oppur dargli commiato.

(Parte con Rustighello)

LUCREZIA
(fra sè)
Oh! qual raggio!

GENNARO
(inchinandosi)
Signora ... accogliete
I saluti d'un cor non ingrato.

LUCREZIA
(si assicura della partenza del Duca, 
poi corre sul davanti della scena,
 prende Gennaro e dice:)
Infelice! 
il veleno bevesti! ...

GENNARO
Ah!

LUCREZIA
Non far motto, trafitto cadresti.

GENNARO
Come?

LUCREZIA
(gli dà un'ampolla)
Prendi e parti: 
una goccia, una sola,
Di quel farmaco vita ti dà 
Lo nascondi, t'affretta, t'invola
T'accompagni del ciel la pietà...

GENNARO
Che mai sento! ... 

LUCREZIA
...t'accompagni del ciel la pietà

GENNARO
Che mai sento! ... 
E null'altro che morte
Aspettarmi io doveva in tua Corte!
Un rio genio mi pose la benda,
M'inspirò sì fatal securtà.

LUCREZIA
No, Gennaro ... bevi e parti.

GENNARO
Forse, forse una morte più orrenda
La tua destra, o malvagia, mi dà.

LUCREZIA
Deh! t'affretta ...
Ah! t'accompagni del ciel la pietà.

GENNARO
Forse, forse una morte più orrenda
La tua destra, o malvagia, mi dà.

LUCREZIA
In me fida

GENNARO
In te?

LUCREZIA
Sì, parti ...

GENNARO
Cruda!

LUCREZIA
Morto in te vuole 
il Duca un rivale.

GENNARO
O cimento!

LUCREZIA
Ei ritorna a svenarti.
Bevi e fuggi.

GENNARO
Oh dubbiezza fatale!

LUCREZIA
Bevi e fuggi ... te'n prego, o Gennaro,
Per tua madre, 
per quant'hai più caro,
Bevi e parti, una goccia, ecc.

GENNARO
Che mai sento! e
null'altro che morte, ecc.

(Lucrezia si inginocchia; dopo un momento
di vacillarzione, Gennaro prende la sua
decisione: egli beve il contravveleno.)

LUCREZIA
Tu sei salvo! Oh supremo contento! ...
Quindi involati ... affrettati ... va,
Deh! fuggi, fuggi, 
va Gennaro, fuggi, va.

GENNARO
Ti punisca, 
s'è in te tradimento,
Chi più speri che t'abbia pietà.

(Lucrezia fa fuggire Gennaro per la porte
segreta. Si presenta dal 
fondo Rustighello col Duca. 
Ella crida e cade sovra una sedia.)
ACTO PRIMERO
      

Escena primera

(Una plaza en Ferrara. A un lado hay 
un palacio con balcón; debajo de éste 
hay un escudo de mármol, donde se lee 
BORGIA escrito en letras de bronce dorado. 
Al otro lado está la casa de Genaro con 
la puerta a la calle; sus ventanas están 
iluminadas por dentro. Es de noche. 
Alfonso y Rustighello entran, vistiendo 
largas capas)

DUQUE ALFONSO
En el cortejo veneciano,
¿le vistes?

RUSTIGHELLO
Y me puse a su lado, y le seguí
como si fuera la sombra
de su mismo cuerpo.

(señalando la casa de Genaro)

Aquella es su casa.

DUQUE ALFONSO
¿Aquella?
¡Tan cerca del palacio ducal
quiere tenerle Lucrecia!

RUSTIGHELLO
En él quisiera tenerlo,
si no me engaño,
para tenerlo al alcance
de ese vil Gubetta
y poder espiarle a gusto.

DUQUE ALFONSO
Si entra en él
ya no saldrá vivo.

(Se oyen voces y música que 
vienen de la casa de Genaro)

¿Oyes?

RUSTIGHELLO
Los amigos están de fiesta.

VOCES
¡Viva! ¡Viva!

RUSTIGHELLO
Toda la noche les ha retenido
en su casa ese joven alocado.

VOCES
¡Viva! ¡Viva!

RUSTIGHELLO
De separarse al alba tienen costumbre.

DUQUE ALFONSO
Y la última alba es esta
que surge para el osado;
el último adiós
que recibirá de sus amigos.

VOCES
¡Viva! ¡Viva! ¡Viva! ¡Viva!

DUQUE ALFONSO
Ven: mi venganza
he meditado y está lista;
y él la asegura y adelanta
con su ciega confianza.
¡Ah! Ven: mi venganza, etc.

RUSTIGHELLO
¿Y si el noble Grimani
se uniera a ellos a pesar nuestro?

DUQUE ALFONSO
Nunca por estos locos
querrá desafiarme, no, no.
Cualquiera que sea la suerte
que nos reserve el destino,
no se enfrentará conmigo
el noble embajador.
No siempre a los pueblos cerrada
estuvo la fatal Laguna. 
Para un príncipe ultrajado 
se puede aún abrir.

(La música de la casa de Genaro se
escucha más fuerte, se apagan las luces)

RUSTIGHELLO
Toda la noche de fiesta.

DUQUE ALFONSO
Su última noche será.

RUSTIGHELLO
El último adiós será.

DUQUE ALFONSO
Sí. Cualquiera que sea la suerte, etc.

(Se marchan, al tiempo que Orsini, 
Liverotto, Vitellozzo, Petrucci, Gazella, 
Gubetta y Genaro salen de la casa de 
este último, todos están alegres, excepto 
Genaro, que está pensativo. Gubetta 
permanece aparte)

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Adiós, Genaro.

GENARO
(muy serio)
Adiós, nobles amigos.

ORSINI
¿Y qué?...
¿Tan triste siempre debo verte?

GENARO
Ya no estoy triste.

(para sí)

¡Pudiera si no verte,
por lo menos serte de ayuda, oh madre!

ORSINI
Mil amables beldades esta
noche estarán en
la fiesta que ofrece
la princesa Negroni.
Si ella se hubiera olvidado de alguien,
decídmelo,
y yo repararé el error.

GENARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Todos hemos sido invitados.

GUBETTA
(acercándose)
Yo también lo he sido.

LIVEROTTO. VITELLOZZO. 
PETRUCCI Y GAZELLA
¡Oh! ¡El señor Beverana!

(Todos se acercan a Gubetta, 
excepto Genaro y Orsini)

GENARO
(a Orsini)
¡En todas partes está éste!
Hace tiempo que
de él sospecho.

ORSINI
(a Genaro)
¡Oh! No temas;
es hombre alegre como nosotros,
un poco loco.

VITELLOZZO
¡Ea! ¡Vamos! Tan abatido
no quiero verte, Genaro.

LIVEROTTO
¿Te habrá, quizás,
encantado la Borgia?

GENARO
¿Siempre os oiré
hablar de ella?
Por el cielo, amigos,
bromas no quiero.
No existe hombre
que aborrezca como yo a esa mujer.

PETRUCCI
Callad. Aquel es su palacio.

GENARO
Que lo sea. Quisiera estamparle
en la frente la infamia,
que estoy dispuesto a
grabar en aquellos muros
donde esta escrito "Borgia"

(Sube un escalón y, con la punta del 
puñal, desprende la "B" de "Borgia".)

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
¿Qué haces?

GENARO
Leed ahora.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZZELLA
¡Oh! ¡Caramba! ¡ORGÍA!

GUBETTA
Es una broma
que mañana a muchos
puede costar cara.

GENARO
Si al culpable piden,
a delatarme estoy dispuesto.

(Detrás se vislumbran dos
hombres vestidos de negro)

ORSINI
Nos espían. Separémonos.

TODOS
Adiós.

(Genaro regresa a su casa 
y los otros se separan. 
Entran Astolfo y Rustighello)

RUSTIGHELLO
¿Qué haces aquí?

ASTOLFO
Que te marches,
espero.
Y tú ¿qué haces?

RUSTIGHELLO
Que dejes el campo libre
espero.

ASTOLFO
¿Con quién la tienes tomada?

RUSTIGHELLO
Con el joven extranjero
que vive aquí;
y tú ¿con quién?

ASTOLFO
Con el joven extranjero...

RUSTIGHELLO
¿Con aquél?

ASTOLFO
.... que también vive aquí.

RUSTIGHELLO
¿A dónde quieres llevarlo?

ASTOLFO
Con la duquesa.
Y tú, ¿dónde?

RUSTIGHELLO
Al lado del duque.

ASTOLFO
¡Oh! El camino...  no es el mismo.

RUSTIGHELLO
Ni conduce a la misma suerte.

ASTOLFO
Uno a la fiesta...

RUSTIGHELLO
El otro a la muerte...

ASTOLFO
Uno a la fiesta...

RUSTIGHELLO
Otro a la muerte.

RUSTIGHELLO Y ASTOLFO
De los dos, ¿cual seguirá? 
Del más listo o el más fuerte 
la suerte dependerá.

(Rustighello hace señas a la esquina
de la calle y entra un pelotón de 
sicarios, que rodean a Astolfo.)

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
Sin chistar, fuera de aquí; 
Ya has visto quién es el más fuerte. 
¡Pobre de ti si una sombra 
de sospecha en él infundes! 
Sabes que aquí sólo uno manda. 
Es ley su voluntad, etc.

ASTOLFO
Lo sé,
Pero ¿y el furor de la duquesa...

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
Calla, y a ella... no la temas.

ASTOLFO
.... de la duquesa?

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
Calla, y a ella... no, no la temas. 
A su nombre, a su fama, 
hizo el osado grave ofensa.

ASTOLFO
Hizo el osado grave ofensa.

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
Desea vengarse el duque: 
impedirlo es una locura.

ASTOLFO
Cierto, cierto, una locura.

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
Si obrar quieres con prudencia, 
debes ceder, irte, callar.

ASTOLFO
Me voy, sí... lo que ahora pase... 
será vuestro problema, no el mío.

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
¡Vete!...

ASTOLFO
Me voy, sí...

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
... ¡Vete!...

ASTOLFO
... me voy, sí....

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
¡Vete! 
Debes ceder, irte, callar. 
Si obrar quieres con prudencia, etc.

ASTOLFO
Será vuestro problema, etc.

(Astolfo se va. Rustighello y los sicarios 
fuerzan la puerta de la casa de Genaro)

Escena segunda

(Una habitación en el palacio ducal. 
Una gran puerta al fondo. A la derecha, 
una vidriera. A la izquierda una puerta 
secreta. Una mesa en el centro, cubierta 
de terciopelo. Alfonso entra con Rustighello)

DUQUE ALFONSO
¿Todo cumpliste?

RUSTIGHELLO
Todo.
El prisionero cerca de aquí espera.

DUQUE ALFONSO
Ahora escucha.
En la sala secreta,
al pie de la estatua
de mi abuelo,
unos armarios escondidos
abre esta llave.
Allí verás una jarra de plata
y otra de oro.
Lleva las dos a la sala contigua;
que no te tiente la jarra de oro:
es de vino de los Borgia.

(Rustighello intenta irse)

Espera. Manténte armado
cerca de la puerta.
Si te llamo, trae las jarras;
si otra señal escuchas,
ven con la espada desnuda.

CRIADO
(desde la puerta)
La duquesa.

DUQUE ALFONSO
(a Rustighello)
Rápido.

(Rustighello se va; entonces a través de
las puertas de cristal, se le ve pasando
de un lado a otro. Entra Lucrecia.)

DUQUE ALFONSO
¿Estás turbada?

LUCRECIA
A vuestro lado me guía la venganza
un delito increíble, infame,
a denunciaros vengo.
Hay en Ferrara
alguien que de vuestra esposa
en pleno día ultraja el nombre,
y mutilarlo osa.

DUQUE ALFONSO
Lo sé.

LUCRECIA
¿Y no lo castigas?
¿Y soportas, Alfonso, que viva?

DUQUE ALFONSO
Enseguida será traído a nuestra presencia.

LUCRECIA
Sea quien sea
quiero que muerte reciba
delante de mí;
y la sagrada palabra ducal
a vuestro amor yo pido.

DUQUE ALFONSO
Y sagrada la doy.

(al criado)

¡El prisionero!

(El criado sale. Entra Genaro, 
desarmado, entre los guardias)

LUCRECIA
(para sí, turbada al verlo)
¡Qué veo!

DUQUE ALFONSO
(con una sonrisa)
¿Le conocéis?

LUCRECIA
(para sí)
¡Oh cielos! ¡Genaro!
¡Ay! ¡Qué fatalidad!

GENARO
Vuestra alteza, duque,
me hizo salir de mi casa a la fuerza
por gente armada.
¿Puedo preguntar por qué
he merecido este extremado rigor?

DUQUE ALFONSO
¡Capitán, acercaos!

LUCRECIA
(para sí)
¡Estoy helada, tiemblo!

DUQUE ALFONSO
Un temerario ha osado de día,
del palacio ducal, con mano profana
mancillar el augusto nombre de "Borgia".
Hemos buscado el culpable.

LUCRECIA
Éste no es.

DUQUE ALFONSO
¿Cómo lo sabéis?

LUCRECIA
(rápidamente)
Esta mañana estaba en otra parte.
Alguno de sus amigos
habrá cometido el delito.

GENARO
No es verdad.

DUQUE ALFONSO
¿Le oís?
Sed sincero y decid
si sois el culpable.

GENARO
No estoy acostumbrado a mentir;
porque más que la vida misma
estimo mi honor.
Duque Alfonso, lo confieso
yo soy el culpable.

LUCRECIA
(para sí)
¡Ay! ¡Mísera de mí!

DUQUE ALFONSO
(a Lucrecia, en voz baja)
Os di mi ducal palabra.

LUCRECIA
Unos instantes en privado
yo quiero hablaros, Alfonso.

(Para sí)

¡Ay! ¡Ayúdame, oh cielos!

(A una señal del duque, 
Genaro es llevado fuera.)

DUQUE ALFONSO
Estamos solos. ¿Qué queréis?

LUCRECIA
Os pido, señor,
de este joven salvar la vida.

DUQUE ALFONSO
¿Cómo? ¿Y vuestro rigor?
¿Vuestra ira tan pronto ha desaparecido?

LUCRECIA
(persuasivamente)
Fue un capricho.
¿De qué sirve que muera?
¡Tan joven! ¡Yo le perdono!

DUQUE ALFONSO
Mi palabra os di, señora,
a mi palabra jamás faltaré.

LUCRECIA
Pero, duque...

DUQUE ALFONSO
Jamás.

LUCRECIA
Escuchad...

DUQUE ALFONSO
Jamás.

LUCRECIA
(controlándose)
Don Alfonso, ¡un favor tan pequeño 
negáis a la soberana... a la esposa!

DUQUE ALFONSO
El que os ha ofendido
no deber irse impune.
Me habéis pedido su muerte,
y yo lo juré.

LUCRECIA
Perdonemos: seamos clementes.

DUQUE ALFONSO
No.

LUCRECIA
La clemencia es virtud de reyes.

DUQUE ALFONSO
Lo he jurado.

LUCRECIA
¡Ah! Perdonemos, seamos clementes.
¡Ah! La clemencia es virtud de reyes, etc.

DUQUE ALFONSO
¡ No! ¡Jamás!
¡Lo he jurado... no! ¡Lo he jurado... no!
Lo he jurado, caerá, sí, caerá, sí.
No, no puedo, no, no puedo.

LUCRECIA
¿Qué cosa tan horrible
ha hecho Genaro, Alfonso querido?

DUQUE ALFONSO
(irrumpiendo)
¿Quién? Tú.

LUCRECIA
¿Yo? ¿Qué decís?

DUQUE ALFONSO
¡Tú le amas, sí, tú le amas!

LUCRECIA
(para sí)
¡Qué oigo!

DUQUE ALFONSO
A Venecia le seguiste.

LUCRECIA
(para sí)
¡Ah! ¡Santo cielo!

DUQUE ALFONSO
Sí, tú le amas y le seguiste.

LUCRECIA
¿Yo?

DUQUE ALFONSO
Incluso ahora en tu rostro
se lee la pasión que has nutrido.

LUCRECIA
¡Don Alfonso!

DUQUE ALFONSO
¡Calla!

LUCRECIA
Os lo juro, ¡ah!, lo juro...

DUQUE ALFONSO
No te manches con un nuevo perjurio.

LUCRECIA
No.

DUQUE ALFONSO
Le amas
y a Venecia le seguiste.

LUCRECIA
¡Don Alfonso!

DUQUE ALFONSO
Ya es hora de que tome
de mis ofensas terrible venganza;
y terrible en este instante
sobre tu cómplice infame caerá.

LUCRECIA
(arrodillándose)
¡Gracia, ah, gracia, Alfonso, piedad!

DUQUE ALFONSO
Quiero muerto al indigno.

LUCRECIA
¡Por piedad!

DUQUE ALFONSO
Ya no siento piedad, no siento piedad.

LUCRECIA
¿No sientes piedad? ¿No?

DUQUE ALFONSO
No.

LUCRECIA
¿No?

(levantándose)

¡Oh! ¡Ten cuidado, piensa en ti mismo,
don Alfonso, mi cuarto marido!
Mucho me has visto llorar,
está demasiado herido mi corazón.
Al dolor sucede la ira,
y la Borgia podría hacer que te arrepintieras.
Cuidado, cuidado, Alfonso, cuidado,
¡podría hacer que te arrepintieras!

DUQUE ALFONSO
(irónicamente)
Te conozco.
Aunque quisiera,
nunca podría olvidar quién eres;
¡más tu piensa que el duque soy yo,
que en Ferrara
en mi mano estás!
Te dejo escoger si debe morir
envenenado o por la espada.
Piensa si debe por la espada morir. 
Escoge.

LUCRECIA
(fuera de sí)
¡Dios mío!

DUQUE ALFONSO
Escoge.

LUCRECIA
¡Dios poderoso!
¡Oh! ¡Ten cuidado, piensa en ti mismo,
don Alfonso, mi cuarto marido!, etc.

DUQUE ALFONSO
Te conozco, te conozco.
¡más tu piensa que el duque soy yo!
¡Vete... aquí mismo debe morir!
¡Calla! Vete, vete.
¡Aquí mismo debe morir, escoge si debe morir
envenenado o por la espada.

(disponiéndose a marchar)

Que sea ejecutado.

LUCRECIA
¡Ay! Espera.

DUQUE ALFONSO
Que muera.

LUCRECIA
¡No cometas tan negro delito!

DUQUE ALFONSO
Escoge, escoge.

LUCRECIA
¡Ah! ¡Que no muera por la espada!

DUQUE ALFONSO
Sé prudente: estaré a tu lado,
no abrigues ninguna esperanza.

(Hace señas para que venga Genaro)

LUCRECIA
Al infeliz a su suerte abandono.
¡Hombre cruel! ¡Me siento morir!

(Cae sobre una silla. Genaro es introducido
 por los guardias)

DUQUE ALFONSO
(a Genaro)
A los ruegos de la duquesa,
que olvida vuestra culpa,
es necesario que yo ceda,
y os doy la libertad.

LUCRECIA
(para sí)
¡Oh! ¡Cómo finge!

DUQUE ALFONSO
Sois tan valiente
que no quiero privar de vuestra valentía
al Adriático e Italia a un mismo tiempo.

GENARO
Lo mejor que sé,
señor, os doy las gracias.

LUCRECIA
(para sí)
¡Pérfido!

GENARO
Además, ya que puedo decirlo
sin temer que se considere una cobardía...
la gracia cae sobre un hombre
que la merece.

DUQUE ALFONSO
¿Cómo?

GENARO
De vuestra alteza el padre,
rodeado de enemigos,
habría muerto, si escudo y ayuda
no le hubiera prestado un aventurero.

DUQUE ALFONSO
¿Y aquél sois vos?

LUCRECIA
(levantándose)
¿Le salvaste la vida?

GENARO
Es cierto.

LUCRECIA
(para sí)
¡Duque!

DUQUE ALFONSO
(para sí)
La indigna tiene esperanzas.

LUCRECIA
(para sí)
¡Si cambiara!

DUQUE ALFONSO
(para sí)
Es inútil.

(a Genaro)

¿Seguir mis estandartes querríais, 
capitán?

GENARO
Al gobierno véneto
me ata un nudo eterno,
y sagrado es el juramento.

DUQUE ALFONSO
(mirando a Lucrecia)
Lo sé.

LUCRECIA
(para sí)
¡Dios mío!

DUQUE ALFONSO
(A Genaro)
Lo sé.

(ofreciendo una bolsa)

Este oro entonces, ¡eh!

GENARO
Ya recibo bastante de mis amos.

DUQUE ALFONSO
Al menos, como es antiguo
uso entre nosotros,
beber una copa amistosa
espero que no os agravie.

GENARO
Para mí, un honor supremo
será este, señor...

DUQUE ALFONSO
Mi esposa será un gentil
copero para nosotros.

LUCRECIA
(para sí)
¡Esto es peor que la muerte!

(Se levanta para escaparse)

DUQUE ALFONSO
(cogiendo a Lucrecia por la mano)
¡Venid conmigo, duquesa!

(haciendo una señal a Rustighello)

¡Ya!

(en vez baja, a Lucrecia) 

¡Ay de ti si haces un gesto, 
si dices una sola palabra! 
Este hombre no debe 
salir vivo de mi presencia.

LUCRECIA
(a Alfonso)
¡Oh! Si supieras a qué...

DUQUE ALFONSO
Calla.

LUCRECIA
... atroz acto me obligas...

DUQUE ALFONSO
Calla.

LUCRECIA
... por muy fiero que seas,
te causaría tanto horror como a mí.
¡Oh! Si supieras a qué acto atroz, etc.
¡Ah, por piedad! ¡Ah no, por piedad!
¡Ay!, no existe un monstruo igual,
no hay mayor delito, no, no,
te causaría tanto horror, etc.

GENARO
(para sí)
Para mí tan benignos
no los creía;
merecer su perdón
un sueño me parece.
¡Madre! Debe de ser
gracias a tus plegarias, etc.

DUQUE ALFONSO
(a Lucrecia)
¡Ay de ti si haces un gesto! Etc.
Vierte el licor, ya te he conocido.
Extraña resulta en ti la angustia, etc.
No debe salir vivo de mi presencia.

(Rustighello trae dos jarras de vino
una de plata y otra de oro)

DUQUE ALFONSO
(Lucrecia sirve de la jarra de plata)
¡Bebamos!

GENARO
Atónito estoy por semejante honor.

DUQUE ALFONSO
A vuestra salud, duquesa.

LUCRECIA
(para sí)
¡El bárbaro!

DUQUE ALFONSO
(A Lucrecia)
La jarra de oro.

LUCRECIA
(para sí)
¡Dios mío!

(Lucrecia sirve de la jara de oro)

DUQUE ALFONSO
(dándole la copa a Genaro)

El cielo os asista, Genaro.

GENARO
Igualmente favorable os sea.

(Beben)

LUCRECIA
(a Alfonso)
Vete, no hay en el mundo
peor monstruo que tú.

GENARO
(para sí)
¡Madre! Mi buena suerte
se debe a tus plegarias.

DUQUE ALFONSO
(a Lucrecia en voz baja)
¡Tiembla por ti, perjura!
Él es la primera víctima.

(A Lucrecia levantando la voz)

Ahora, duquesa, a vuestro gusto
podéis retenerle o bien despedirlo

(El duque se marcha con Rustighello)

LUCRECIA
(para sí)
¡Oh! ¡Qué ocasión!

GENARO
(inclinándose)
Señora, recibid las gracias
de un corazón agradecido.

LUCRECIA
(Se asegura de que el duque se ha
ido, después corre hacia la parte delantera
de la escena, coge a Genaro y le dice:)
¡Infeliz!
¡Bebiste el veneno!

GENARO
¡Ah!

LUCRECIA
No digas nada, caerías muerto.

GENARO
¿Cómo?

LUCRECIA
(le da una botellita con un antídoto)
Toma y vete.
Una gota, sólo una, 
de este fármaco te salvaría la vida. 
Escóndelo, rápido, vuela, 
te acompañe del cielo la piedad...

GENARO
¡Qué oigo!

LUCRECIA
...te acompañe del cielo la piedad.

GENARO
¿Qué oigo?
¡Nada más que muerte
podía esperar en tu corte!
Un genio malo me vendó los ojos,
y me inspiró una fatal confianza.

LUCRECIA
No, Genaro, bebe y marcha.

GENARO
Quizás, quizás una muerte mas atroz
tu mano, malvada, me está dando.

LUCRECIA
¡Ay! ¡Deprisa!
¡Ah! ¡Te acompañe del cielo la piedad!

GENARO
Quizás una muerte más atroz
tu mano, malvada, me da.

LUCRECIA
Créeme.

GENARO
¿Creerte?

LUCRECIA
Sí, vete.

GENARO
¡Mujer malvada!

LUCRECIA
El duque piensa que eres su rival
y quiere verte muerto.

GENARO
¡Vaya situación!

LUCRECIA
Él volverá para matarte.
Bebe y vete.

GENARO
¡Oh duda fatal!

LUCRECIA
Bebe y vete, te lo ruego, Genaro,
por tu madre,
por lo más querido.
Bebe y vete, una gota, etc.

GENARO
¡Qué estás diciendo!
Nada más que muerte, etc.

(Lucrecia se arrodilla; después de un 
momento de vacilación, Genaro se decide 
y bebe el antídoto)

LUCRECIA
¡Estás salvado! ¡Oh, suprema alegría!
¡De aquí huye! ¡Ve!
Vete, vete.
Vete, Genaro, vete.

GENARO
¡Que te castigue,
si es una traición,
quien más esperes que se apiade de ti!

(Lucrecia guía a Genaro hacia la puerta 
secreta consiguiendo que huya; Alfonso y 
Rustighello entran por el fondo. 
Lucrecia grita y cae sobre una silla.)
ATTO SECONDO


Scena prima

(Piccola cortile che mette alla casa
di Gennaro. Una finestra della casa
è illuminata. È notte. Rustighello
ed un gruppo di scherani entrano cercando
)

RUSTIGHELLO E CORO DI SCHERANI
Rischiarata è la finestra.
In Ferrara egli è tuttora.
La fortuna al Duca è destra:
Del rival vendetta avrà.
Inoltriam: propizia è l'ora ...
Buio è il cielo ... alcun non v'ha ...
Nessun non v'ha.

(Si avvicinano alla casa di Gennaro,
odono rumore, e si arrestano.)

Ma ... silenzio ... un mormorio ...
Un bisbiglio s'è levato ...
È di gente un calpestio
Più distinto udir si fa.
Là in disparte, là in agguato
Chi è s'esplori, e dove va.

(Si allontanano. Orsini bussa alla porta di
Gennaro. Egli apre ed esce.)

GENNARO
Sei tu?

ORSINI
Son io. Venir non vuoi, Gennaro,
dalla Negroni?
Ogni piacer m'è scemo
nol dividi tu.

GENNARO
Grave cagione a te mi toglie.
Per Venezia io parto fra pochi istanti.

ORSINI
E me qui lasci? ...
E uniti fino alla morte
Non giurammo entrambi
Essere in ogni evento?

GENNARO
È ver.

ORSINI
Mi tieni così tua fede,
com'io la tengo?

GENNARO
E tu vien meco.

ORSINI
All'alba attendi, e vengo.
Al geniale invito
mancar non posso.

GENNARO
Oh! Questa tua Negroni
m'è di sinistro auspicio ...

ORSINI
E a me piuttosto
il tuo partir Così notturno e solo ...
così pensoso e mesto.
Resta, resta, Gennaro.

GENNARO
Odi ... e se il chiedi,
io resto.
Minacciata è la mia vita ...
Alla morte io son qui presso.

ORSINI
Che s'insidia?
A me lo addita.
Chi è costui?

(Appaiono le ombre di Rustighello
ed i suoi scherani
)

GENNARO
Parla sommesso.

(Gennaro parla all'orecchio
d'Orsini, e questo ride.)

ALCUNI SCHERANI
(a Rustighello)
Ci par tempo ...

RUSTIGHELLO E GLI
ALTRI SCHERANI
No: s'aspetti.

RUSTIGHELLO E SCHERANI
L'importuno partirà.

ORSINI
Ah!

GENNARO
Taci.

ORSINI
¡Ah!

GENNARO
Taci, taci, incauto.

ORSINI
(ride)
Nè d'inganni tu sospetti?
Quale in te credulità!

GENNARO
Taci incauto.

ORSINI
Ah! Gennaro, quale in te credulità!

GENNARO
Taci, taci.

ORSINI
Non sospetti?

GENNARO
Incauto!

ORSINI
Sconsigliato!
Quale incredulità!
Non sai tu di donna l'arti?
Onde a lei ti mostri grato
Ella ha finto di salvarti.
Di veleni che ragioni?
Dove fondi il tuo timor?
Gentil donna è la Negroni;
Uom è il Duca d'alto cor.

GENNARO
Tu conosci, appien tu sai
Se codardo io fui giammai,
Se un istante in faccia a morte
Mai fu scemo il mio valor.

ORSINI
Gentil dama è la Negroni;
Uomo è il Duca d'alto cor.

GENNARO
Pure adesso in questa Corte
M'è di guai presago il cor.

ORSINI
Va, se vuoi:
tentar m'è caro,
Afferrar la mia ventura.

GENNARO
Addio, Orsini.

ORSINI
Addio, Gennaro.

GENNARO
Veglia a te.

ORSINI
Ti rassicura.

(Si abbracciano e si dividono,
poi tornano ad abbracciarsi.)

GENNARO
Ah! non posso abbandonarti!

ORSINI
Ah! non io lasciar ti vo!

GENNARO
No, no.

ORSINI
No, no.

GENNARO
Al festin vo' seguitarti.

ORSINI
Teco all'alba partirò.

(Si tengono per mano.)

ORSINI E GENNARO
Sia qual vuolsi
il tuo destino,
Esso è mio: lo giuro ancora.

ORSINI
Mio Gennaro!

GENNARO
Caro Orsino!

ORSINI E GENNARO
Teco sempre ...
o viva, o mora.
Qual due fiori a un solo stelo,
Qual due fronde a un ramo sol,

ORSINI
Noi vedremo sereno il cielo.

GENNARO
O saremo curvati al suol.

(Si abbracciano.)

ORSINI
Ah! mio Gennaro! sempre insieme,
O saremo curvati al suol.
Mio Gennaro! sempre insieme,
o viva, o mora.

GENNARO
Caro Orsino! sempre insieme,
O saremo curvati al suol.
Caro Orsino! sempre insieme,
o viva, o mora.
Al festino.


ORSINI
Sì e parti no.
Oh mio Gennaro! ah! ah!
Sia qual vuolsi il tuo destino, ecc

GENNARO
Oh caro Orsino! ah! ah!
Sia qual vuolsi il tuo destino, ecc

(Partono. Ritornano gli Scherani,
Rustighello li trattiene.)

RUSTIGHELLO
Nol seguite.

SCHERANI
A noi s'invola.

RUSTIGHELLO
Nol seguite.
Stolti! Ei corre alla Negroni.

SCHERANI
Basta allora, basta allora.

RUSTIGHELLO
Stolti! al laccio ei corre.

SCHERANI
Non v'ha dubbio:
al ver t'apponi.

RUSTIGHELLO E GLI SCHERANI
È tenace, è certo l'amo,
Che gettato al cieco è là
In si lasci: ritorniamo:
Di ferir mestier non fa.
È tenace, è certo l'amo, ecc.

(Partono.)

Scena seconda

(Sala nel palazzo Negroni illuminata
e addobbata per festivo banchetto. In un tavolo
riccamente servita sta il principessa Negroni,
accompagnata per varie donne lussuosamente
vestite; anche stanno presente Orsini,
Liverotto, Vitellozzo, Gazella e Petrucci,
ognuno di essi con una donna al lato.
Gubetta e Gennaro si sentono in lati
opposti del tavolo
)

LIVEROTTO
Viva il Madera! viva! viva!

VITELLOZZO
Evviva il Reno
che scalda e avviva!

GAZELLA
Dei vini il Cipro è re.

PETRUCCI
I vini, per mia fè,
son tutti buoni.

LIVEROTTO
Viva il Madera!

PETRUCCI E GAZELLA
Viva!

VITELLOZZO
Viva il Reno!

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI E GAZELLA
Viva! Viva!

GAZELLA
Il Cipro.

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI E GAZELLA
¡Viva! ¡Viva!

ORSINI
Io stimo quel che brilla,
Siccome la scintilla,
Che desta il Dio d'amor
Nell'occhio seduttor
Della Negroni.

LIVEROTTO E VITELLOZZO
Viva la Negroni!

ORSINI, PETRUCCI E GAZELLA
Viva!

LIVEROTTO E VITELLOZZO
Viva il Madera!

TUTTI
Viva!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI E GAZELLA
Benedetto, a lei si tocchi!
Si beva a' suoi begl'occhi!
Amore la formò,
Ciprigna il lei versò
Tutti i suoi doni.
Si tocchi! Si tocchi!
Viva, Viva la Negroni! viva!

(Tutti prendono i suoi bicchieri,
brindano e Bevono.)

GUBETTA
(fra sè, s'alza)
Ebbri son già:
convien tentar che resti in soli.

GENNARO
(fra sè, si allontana)
Noiato io sono.

ORSINI
Ebbene?
Gennaro, a noi t'involi?
Odi il novello brindisi
da me composto un giorno.

GUBETTA
(ridendo)
Ah! ah!

ORSINI
Chi ride?

GUBETTA
Ridono quanti ci sono intorno.

ORSINI
Come?

GUBETTA
(beffeggiandolo)
Ah! ah! ah! l'esimio lirico!

ORSINI
M'insulteresti tu?

GUBETTA
S'egli è insultarti il ridere,
Far nol poss'io di più,

(ride)

Ah, ah, ah!

ORSINI
(ridendo)
M'insulti?

GUBETTA
Ah, ah, ah!

ORSINI
(alzandosi)
Marrano di Castiglia!

GUBETTA
Scheran trasterverino!

(Orsini afferra un coltello.)

DAME
Cielo! costui si battono!

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI E GAZELLA
(trattenendo Orsini)
Che far?
t'acqueta, Orsino.

DAME
Fuggiam, fuggiam di qua.

(Le dame fuggono.)

ORSINI
Marrano!

GUBETTA
Trasteverino!

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI E GAZELLA
T'acqueta.

ORSINI E GUBETTA
Io ti darò, balordo,
Un tal di me ricordo,
Che temperante e sobrio
Per sempre ti farà, ecc.

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI E GAZELLA
Finitela, cospetto!
All'ospite rispetto ...
O tutta quanta accorrere
Farete la città.

GENNARO
Finitela, cospetto!
All'ospite rispetto ...
Olà! Olà!
O tutta quanta accorrere, ecc.

LIVEROTTO
Pace, pace per ora ...

VITELLOZZO
Avrete il tempo di battervi
Doman da cavalieri,
Non col pugnal
come assassin di strada.

ORSINI, GENNARO E GUBETTA
È ver.

GENNARO
Ma delle nostre spade
che femmo noi?

ORSINI
Le abbiam disposte fuori.

GENNARO, PETRUCCI,
GUBETTA E GAZELLA
Non ci pensi più.

GUBETTA
Beviam, signori.

GAZELLA
Ma intanto sbigottite
ci han lasciate le dame.

GUBETTA
Torneranno:
ed ultimamente chiederemo scusa.

(Un domestico, vestito di nero, serve bibita da
una bottiglia
)

UN COPPIERE
Via di Siracusa.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI, GAZELLA E GUBETTA
Ottimo per mia fè!

(Versano e bevono tutti. Gubetta
versa il bicchiere dietro le spalle.)

GENNARO
(a Orsini)
Maffio, vedesti?
lo Spagnuolo non beve.

ORSINI
(a Gennaro)
Che importa? È naturale:
ebbro esser deve.

GUBETTA
(barcollando)
Or, se gli piace, amici,
può schiccherar Orsin
Versi a sua posta,
perchè poeta ognun faria tal vino.

ORSINI
Sì: a tuo dispetto.

GLI ALTRI
Una ballata, Orsino.

ORSINI
Il segreto per esser felici
So per prova e l'insegno agli amici
Sia sereno, sia nubilo il cielo,
Ogni tempo, sia caldo, sia gelo,
Scherzo e bevo, e derido gl'insani
Che si dan del futuro pensier.
Non curiamo l'incerto domani,
Se quest'oggi n'è dato a goder.

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI, GAZELLA E GUBETTA
Sì, non curiamo l'incerto domani,
Se quest'oggi n'è dato a goder,
n'è dato goder, ecc.

ORSINI
Se quest'oggi n'è dato a goder, ecc.

(Odesi tocco di campana)

VOCE
(di dentro)
La gioia de' profani
è un fumo passaggier.

CORO
(di dentro)
La gioia de' profani
è un fumo passaggier.

GENNARO
Quai voci!

ORSINI
Alcun si prende gioco di noi.

TUTTI
Chi mai sarà?

ORSINI
Scommetto che delle dame
Una malizia è questa.

GLI ALTRI
Un'altra strofa, Orsino.

ORSINI
La strofa è presta.
Profittiamo degl'anni fiorenti,
Il piacer li fa correr più lenti;
Se vecchiezza con livida faccia
Stammi a tergo e mia vita minaccia,
Scherzo e bevo, e derido gl'insani
che si dan del futuro pensier, ah.
Non curiamo l'incerto domani,
se quest'oggi n'è dato goder.

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI, GAZELLA E GUBETTA
Sì, non curiamo, l'incerto domani,
se quest'oggi n'è dato goder,
n'è dato goder, ecc.

ORSINI
Se quest'oggi n'è dato goder, ecc.

(Odesi tocco di campana di nuovo)

CORO
(di dentro)
La gioia de' profani
è un fumo passaggier.

(Si spengono le faci.)

ORSINI
Gennaro! ...

GENNARO
Maffio! Vedi?
Si spengono le faci.

ORSINI
A farsi grave incomincia lo scherzo.

TUTTI
(meno Gubetta)
Usciam.
Son chiuse tutte le porte!
Ove siam noi venuti?

(S'apre la porta del fondo, e si
presenta Lucrezia vestita tutta in nero,
con gente armata.)

LUCREZIA
Presso Lucrezia Borgia.

ORSINI, GENNARO, LIVEROTTO,
VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA
(con orrore)
Ah! siam perduti!

LUCREZIA
Sì, son la Borgia.
Un ballo, un tristo ballo
voi mi deste in Venezia:
Io rendo a voi
una cena in Ferrara.

ORSINI, GENNARO, LIVEROTTO,
VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA
Oh, noi traditi!

LUCREZIA
Voi salvi ed impuniti
credeste invano:
Dell'ingiuria mia piena vendetta ho già:
Cinque son pronti strati funebri
Per coprirvi estinti,
poichè il veleno a voi temprato è presto.

GENNARO
(avanzandosi)
Non bastan cinque:
avvi mestier del sesto.

LUCREZIA
(sbigottita)
Gennaro! ... o ciel! ...

GENNARO
Perire io saprò cogli amici.

LUCREZIA
(ai soldati)
Ite: chiudete tutte le sbarre,
E per rumor che ascolti,
Nessuno in questa sala entrar s'attenti.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI E GAZELLA
Gennaro! ...

GENNARO
Amici! Amici!

LUCREZIA
(agli amici di Gennaro)
Uscite.

ORSINI, GENNARO, LIVEROTTO,
VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA
Oh, noi dolenti!

(Gli amici di Gennaro sono condotti fuori
per i guardia di Lucrezia, rimanendo
nella sala Lucrezia e Gennaro.)

LUCREZIA
Tu pur qui? non sei fuggito?
Qual ti tenne avverso fato?

GENNARO
Tutto, tutto ho presentito.

LUCREZIA
Sei di nuovo avvelenato.

GENNARO
(cava l'ampolla del contravveleno)
Ne ho il rimedio ...

LUCREZIA
Ah! mel rammento, ah!
grazie al ciel ne do.

GENNARO
Cogli amici io sarò spento,
O con loro li partirò!

LUCREZIA
(osservando l'ampolla)
Ah! per te fia poco ancora,
Ah! non basta per gli amici ...

GENNARO
Non basta? ...

LUCREZIA
No ...

GENNARO
Non basta? ...

LUCREZIA
No ...

GENNARO
Allor, signora, morrem tutti.

LUCREZIA
Ah! che mai dici?

GENNARO
Voi primiera di mia mano
Preparatevi a morir.

LUCREZIA
Io? ... Gennaro!

GENNARO
Sì.

LUCREZIA
Ascolta, insano ...

GENNARO
(prende un coltello sulla tavola)
Fermo io sono.

LUCREZIA
(sbigottita, fra sè)
Che far? che dir?

GENNARO
Preparatevi.

LUCREZIA
Spietato!
Me ferir? svenar potesti?

GENNARO
Sì, lo posso: son disperato:
Tutto, tutto, mi togliesti.
Non più indugi.

LUCREZIA
Ah! ferma, ferma.

GENNARO
Preparati.

LUCREZIA
Gennaro! ...

GENNARO
(risoluto)
Preparati.

LUCREZIA
Ferma ... Ah! ... un Borgia sei ...

GENNARO
(gli cale il coltello)
Io?

LUCREZIA
Fur tuoi padri i padri miei ...
Ti risparmia un fallo orrendo ...
Il tuo sangue non versar.

GENNARO
Son un Borgia?

(piangendo)

Oh ciel! che intendo! ...

LUCREZIA
Ah! di più non domandar.
M'odi, ah m'odi ... io non t'imploro
Per voler serbarmi in vita!
Mille volte al giorno io moro,
Mille volte in cor ferita ...
Per te prego ... ah! teco almeno
Ah! non voler incrudelir.
Bevi ... bevi ... il rio veleno
Ah! t'affretta, deh! t'affretta a prevenir.

GENNARO
Son un Borgia!

LUCREZIA
Il tempo vola.
Deh! cedi, cedi,
Deh! t'affretta il veleno a prevenir ...

GENNARO
Giusto cielo!

LUCREZIA
Deh! cedi, il tempo vola.
Ah! t'affretta il veleno a prevenir ...
Bevi, sì, Gennaro, bevi ...
Deh! t'affretta il veleno a prevenir ...

GENNARO
(come ascoltando)
Maffio muore.

LUCREZIA
Cedi ... per tua madre!

GENNARO
Va:
Tu sola sei cagion del suo dolore.

LUCREZIA
No, no: Gennaro ...

GENNARO
L'opprimesti ...

LUCREZIA
Nol pensare.

GENNARO
Di lei che festi?

LUCREZIA
Vive ... ah vive ... e a te favella
Col mio duol, col mio terror.

GENNARO
Ciel! tu forse!

LUCREZIA
Ah! sì, son quella.

GENNARO
Tu! ... gran Dio! ... mi manca il cor ...

(Cade sopra una sedia.)

LUCREZIA
Figlio! ... figlio! ...Olà!
Qualcuno! ... accorrete! ...
Aita! ... aita! ...
Niun m'ascolta ... è lunge ognuno.
Dio pietoso, il serba in vita ...

GENNARO
Cessa ... è tardi ...
Io manco, io gelo ...

LUCREZIA
Me infelice!

GENNARO
Ho agl'occhi un velo ...

LUCREZIA
Mio Gennaro, un solo accento ...
Uno sguardo per pietà ...

GENNARO
Madre, io moro ...
ah! io moro!

(Spira.)

LUCREZIA
(con orrore)
È spento ... è spento! ...

(Si sente rumore e calpestio)

Figlio! ... è spento! ... ah! figlio! ...

(Le porte di aprono. Alfonso entra con
Rustighello, seguito di guardie e donne.)

DUCA
Dov'è desso? dov'è?

LUCREZIA
Desso!

(additando Gennaro estinto)

Miralo.

DUCA E CORO
Ah!

LUCREZIA
Era desso il figlio mio,
La mia speme, il mio conforto ...
Ei potea placarmi Iddio ...
Mi parea far pura ancor ...
Ogni luce in lui m'è spenta ...
Il mio cuore con esso è morto.
Sul mio capo il cielo avventa
Il suo strale punitor.

CORO
Rio misero! orribil caso! ah!

LUCREZIA
Ah! era desso il figlio mio, ecc
sul mio capo avventa
il suo strale punitor, ecc.

CORO
Si soccorra ... ella muor. ecc.

(Lucrezia sviene in braccio
alle damigelle.)


FINE



        
ACTO SEGUNDO 
      

Escena primera

(Pequeño patio delante de la casa 
de Genaro. Una ventana de la casa 
está iluminada. Es de noche. Rustighello 
y sus sicarios entran buscando)

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
La ventana está iluminada,
todavía está en Ferrara.
La suerte es favorable al duque: 
de su rival se vengará. 
Avancemos: la hora es propicia, 
está oscuro... no hay nadie...
no hay nadie.

(Se aproxima hacia la casa de Genaro, 
oyen un ruido y se detienen un instante)

Pero... silencio... un murmullo, 
un susurro puede oírse, 
pisadas de gente 
más claras se oyen. 
Allá, aparte, al acecho 
miremos quién es y adónde va

(Se alejan. Orsini llama a la puerta de 
Genaro. Este abre y sale)

GENARO
¿Eres tú?

ORSINI
Soy yo. ¿No vienes, Genaro,
a casa de la Negroni?
Todo placer se desvanece
si tú no estás

GENARO
Grave razón de ti me aleja.
Parto para Venecia dentro de pocos instantes.

ORSINI
¿Y me dejas aquí?
¿Unidos hasta la muerte,
no juramos los dos
estar en todo momento?

GENARO
Es verdad.

ORSINI
Cumple tu palabra
como yo la cumplo.

GENARO
Ven tú conmigo.

ORSINI
Espera el día e iré contigo.
Al banquete no
puedo faltar.

GENARO
¡Oh! Tu Negroni
se me antoja un mal agüero.

ORSINI
Más me lo parece
tu partida de noche y solitario,
tan pensativo y triste.
¡Quédate, quédate, Genaro!

GENARO
Escúchame; si tú me lo pides
me quedaré.
Mi vida está amenazada,
de la muerte aquí estoy cerca.

ORSINI
¿Quién te amenaza?
Dímelo.
¿Quién es?

(Aparecen las sombras de Rustighello
 y sus sicarios)

GENARO
Habla bajo.

(Genaro habla al oído de
Orsini, y este se ríe)

ALGUNOS SICARIOS
(a Rustighello)
¿Es la hora?

RUSTIGHELLO Y LOS 
OTROS SICARIOS
No, esperemos.

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
El importuno se marchará.

ORSINI
¡Ah!

GENARO
Calla.

ORSINI
¡Ah!

GENARO
Calla, calla. ¡Incauto!

ORSINI
(riendo)
¿No sospechas de ningún engaño?
¡Qué confiado eres!

GENARO
¡Calla, incauto!

ORSINI
¡Ah! ¡Genaro, qué confiado eres!

GENARO
Calla, calla.

ORSINI
¿No sospechas?

GENARO
¡Incauto!

ORSINI
¡Infeliz!
¡Qué confiado eres!
¿No conoces las astucias femeninas?
Para que se lo agradezcas
ha fingido salvarte.
¿Qué hablas de venenos?
¿En qué basas tu temor?
Gentil dama es la Negroni
el duque es hombre de corazón.

GENARO
Tú lo sabes, bien sabes
que jamás fui cobarde
que jamás, frente a la muerte,
desfalleció mi corazón.

ORSINI
Gentil dama es la Negroni
el duque es hombre de corazón.

GENARO
Pero ahora, en esta corte
mi corazón prevé desgracias.

ORSINI
Márchate si quieres;
deseo aprovechar
mi buena suerte.

GENARO
Adiós, Orsini.

ORSINI
Adiós, Genaro.

GENARO
Cuídate.

ORSINI
Tranquilízate.

(Se abrazan y se separan; 
vuelven a abrazarse)

GENARO
¡Ah! ¡No puedo abandonarte!

ORSINI
¡Ah! ¡Dejarte no quiero!

GENARO
No, no.

ORSINI
No, no.

GENARO
Iré contigo al banquete.

ORSINI
Contigo al alba partiré.

(Se cogen la mano)

ORSINI Y GENARO
Sea cual sea
tu destino,
será el mío, otra vez, lo juro.

ORSINI
¡Genaro querido!

GENARO
¡Querido Orsini!

ORSINI Y GENARO
Contigo siempre
en vida o en muerte,
como dos flores en un solo tallo,
como dos hojas en una sola rama.

ORSINI
Miraremos tranquilos al cielo.

GENARO
O seremos abatidos al suelo.

(Se abrazan)

ORSINI
¡Ah! Genaro querido, siempre juntos,
O seremos abatidos al suelo.
¡Genaro querido! Siempre juntos,
en vida o en muerte

GENARO
Querido Orsini, siempre juntos,
O seremos abatidos al suelo
Querido Orsini, siempre juntos,
en vida o en muerte.
Al banquete.


ORSINI
Sí, y tu te quedarás
¡Oh, Querido Genaro! ¡Ah! ¡Ah!
Sea cual sea tu destino, etc.

GENARO
¡Oh querido Orsini! ¡Ah! ¡Ah!
Sea cual sea tu destino, etc.

(Parten. Vuelven los sicarios, 
Rustighello los detiene.)

RUSTIGHELLO
No los sigáis.

SICARIOS
Se nos escapa.

RUSTIGHELLO
No los sigáis.
¡Locos! ¡Va a casa de la Negroni!

SICARIOS
Está bien entonces, está bien.

RUSTIGHELLO
¡Locos! A la trampa corre.

SICARIOS
No hay duda;
es verdad.

RUSTIGHELLO Y SICARIOS
Es duro y seguro el anzuelo
lanzado allí para el incauto.
Dejémosle ir, volvamos,
no necesitamos matarle.
Es duro y seguro el anzuelo, etc.

(Se van.)

Escena segunda

(Salón en el Palacio Negroni iluminada
e adornada para un banquete. En una mesa
ricamente servida está la princesa Negroni,
acompañada por varias mujeres lujosamente
vestidas; también están presentes Orsini,
Liverotto, Vitellozzo, Gazella y Petrucci, 
cada uno de ellos con una mujer al lado.
Gubetta y Genaro se sientan 
en lados opuestos de la mesa)

LIVEROTTO
¡Viva el Madeira! ¡Viva! ¡Viva!

VITELLOZZO
¡Viva el vino del Rin,
que calienta y anima!

GAZELLA
De los vinos, el de Chipre es el rey.

PETRUCCI
Los vinos, a fe mía,
son todos buenos.

LIVEROTTO
¡Viva el Madeira!

PETRUCCI Y GAZELLA
¡Viva!

VITELLOZZO
¡Viva el vino del Rin!

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
¡Viva! ¡Viva!

GAZELLA 
¡El de Chipre!

LIVEROTTO, VITELLOZZO,
PETRUCCI Y GAZELLA
Todos son buenos. ¡Viva, viva!

ORSINI
Me gusta el que brilla
como una alegre chispa,
que despierta al dios del amor
en el ojo seductor
de la Negroni.

LIVEROTTO Y VITELLOZZO
¡Viva la Negroni!

ORSINI, PETRUCCI Y GAZELLA
¡Viva!

LIVEROTTO Y VITELLOZZO
¡Viva el Madeira!

TODOS
¡Viva!

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
Bien dicho. ¡Brindemos por ella!
¡Bebamos por sus hermosos ojos!
El amor la modeló, sí.
Venus en ella vertió
todos sus dones.
¡Brindemos! ¡Brindemos!
¡Viva, viva la Negroni! ¡Viva!

(Todos cogen sus vasos, 
brindan y beben.)

GUBETTA
(aparte, levantándose)
Ya están ebrios;
debo intentar que se queden solos.

GENARO
(aparte, alejándose)
Estoy aburrido.

ORSINI
Y bien,
Genaro, ¿nos dejas?
Escucha el nuevo brindis
que compuse hace algún tiempo.

GUBETTA
(riéndose)
¡Ah ¡Ah!

ORSINI
¿Quién se ríe?

GUBETTA
Todos los presentes.

ORSINI
¿Cómo?

GUBETTA
(burlándose)
¡Ah! ¡Ah, ah, el ilustre poeta!

ORSINI
¿Te atreves a insultarme?

GUBETTA
Si riendo te insulto,
ya no puedo insultarte más, 

(Ríe)

¡ah, ah, ah!

ORSINI
(riendo)
¿Me insultas?

GUBETTA
¡Ah, ah, ah!

ORSINI
(Levantándose)
¡Marrano de Castilla!

GUBETTA
¡Sicario trasteverino!

(Orsini coge un cuchillo)

DAMAS
¡Cielos! ¡Van a matarse!

LIVEROTTO,  VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
(agarrando a Orsini por la espalda)
¿Qué haces?
Tranquilízate, Orsini. 

DAMAS
Huyamos, huyamos de aquí.

(Las damas se van)

ORSINI
¡Marrano!

GUBETTA
¡Trasteverino!

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
¡Tranquilízate!

ORSINI Y GUBETTA
¡Te dejaré, atontado,
uno de mis recuerdos
que moderado y sobrio
para siempre te hará ser!, etc.

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
¡Acabad ya, caramba!
¡Respetad a la huésped! 
Haréis que acuda 
la ciudad entera, etc.

GENARO
¡Acabad ya, caramba!
¡Respetad a la huésped!
¡Eh! ¡Eh!
Haréis que acuda la ciudad entera, etc.

LIVEROTTO
Paz, paz, por ahora.

VITELLOZZO
Tendréis tiempo
mañana de batiros como caballeros,
no con un puñal
como asesinos callejeros.

ORSINI, GENARO Y GUBETTA
Es verdad.

GENARO
Pero nuestras espadas,
¿dónde están?

ORSINI
Las dejamos fuera.

GENARO, PETRUCCI, 
GAZELLA Y GUBETTA
No pensemos más en ellas.

GUBETTA
¡Bebamos, señores!

GAZELLA
Mientras tanto, han asustado
a las damas.

GUBETTA
Volverán, 
y humildemente les pediremos perdón.

(Un criado, vestido de negro, sirve bebida de
 una botella.)

CRIADO
Vino de Siracusa.

ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA Y GUBETTA
¡Óptimo, a fe mía!

(Todos beben excepto Gubetta, que ha 
echado su vino por encima del hombro)

GENARO
(a Orsini)
Maffio, ¿has visto?
El español no bebe.

ORSINI
(a Genaro)
¿Qué importa? Es natural;
debe de estar borracho.

GUBETTA
(tambaleándose)
Ahora, si quiere, amigos,
Orsini puede soltar versos a sus anchas,
pues este vino 
a todos nos haría ser poetas.

ORSINI
Sí, a pesar tuyo.

LOS OTROS
Una balada, Orsini.

ORSINI
El secreto para ser felices
yo sé y lo enseño a los amigos,
esté sereno o nublado el cielo,
sea el tiempo cálido o helado,
bromeo, bebo y me río de los tontos
que por el futuro están preocupados, ah.
No pensemos en el incierto mañana,
si hoy podemos gozar.

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA Y GUBETTA
Sí, no pensemos en el incierto mañana, 
Si hoy podemos gozar, 
podemos gozar, etc.

ORSINI
Si hoy podemos gozar, etc.

(Se oye el sonido de una campana.)

VOZ
(desde dentro)
La alegría de los impíos 
es humo pasajero.

CORO
(desde dentro)
La alegría de los impíos 
es humo pasajero.

GENARO
¡Qué voces son esas!

ORSINI
Alguien se burla de nosotros.

TODOS
¿Quién puede ser?

ORSINI
Apuesto que de las damas
es ésta una broma.

LOS OTROS
Otra estrofa, Orsini.

ORSINI
La estrofa ya está lista.
Aprovechemos los años lozanos,
el placer los hace más lentos;
si la vejez con su lívido rostro
está detrás y amenaza mi vida,
bromeo, bebo y me río de los tontos
que por el futuro están preocupados, ah.
No pensemos en el incierto mañana,
si hoy podemos gozar.

LIVEROTTO, VITELLOZZO, 
PETRUCCI, GAZELLA Y GUBETTA
Si, no pensemos en el incierto mañana,
Si hoy podemos gozar,
podemos gozar, etc.

ORSINI
Si hoy podemos gozar, etc.

(Se oye de nuevo un sonido de campana)

VOCES
(desde dentro)
La alegría de los impíos
es humo pasajero.

(Se apagan las luces.)

ORSINI
¡Genaro!

GENARO
¡Maffio! ¡Mira!
¡Se apagan las luces!

ORSINI
La broma empieza a ser pesada.

TODOS
(excepto Gubetta)
Salgamos.
¡Las puertas están cerradas!
¿Adónde hemos venido?

(Se abre la puerta del fondo y entra 
Lucrecia vestida de negro, con 
hombres armados)

LUCRECIA
A casa de Lucrecia Borgia.

ORSINI, GENARO, LIVEROTTO, 
VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA
(horrorizados)
¡Ah! ¡Estamos perdidos!

LUCRECIA
Sí, soy la Borgia.
Un baile, un triste baile
me disteis en Venecia.
Yo os doy
una cena en Ferrara.

ORSINI, GENARO, LIVEROTTO, 
VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA
¡Hemos sido traicionados!

LUCRECIA
Salvados e impunes
os creísteis, pero en vano.
De mi injuria ya estoy vengada;
cinco ataúdes están preparados
para acogeros muertos,
porque el veneno que bebisteis es rápido.

GENARO
(adelantándose)
No bastan cinco,
se necesita un sexto.

LUCRECIA
(asombrada)
¡Genaro!... ¡Cielos!...

GENARO
Sabré morir con mis amigos.

LUCRECIA
(a sus guardias)
Id, cerrad todas las puertas,
y por muchos ruidos que se oigan,
nadie en esta sala se atreva a entrar.

ORSINI, LIVEROTTO,VITELLOZZO, 
PETRUCCI Y GAZELLA
¡Genaro!

GENARO
¡Amigos! ¡Amigos!

LUCRECIA
(a los amigos de Genaro)
Salid.

ORSINI, GENARO, LIVEROTTO, 
VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA
¡Oh! ¡Pobres de nosotros!

(Los amigos de Genaro son conducidos 
fuera por los guardias de Lucrecia, 
quedando en la sala Lucrecia y Genaro)

LUCRECIA
¿Tú aquí? ¿No has huido?
¿Qué hado adverso te entretuvo?

GENARO
Todo, todo lo había previsto.

LUCRECIA
Otra vez estás envenenado.

GENARO
(Saca el frasco con el antídoto)
Tengo el remedio.

LUCRECIA
¡Ah! ¡Ya me acuerdo, ah!
Gracias doy al cielo.

GENARO
Moriré con mis amigos,
¡o con ellos partiré!

LUCRECIA
(mirando el frasco)
¡Ah! Incluso para ti aún es poco.
¡Ah! No basta para ellos.

GENARO
¿No basta?

LUCRECIA
No.

GENARO
¿No basta?

LUCRECIA
No.

GENARO
Entonces, señora, todos moriremos.

LUCRECIA
Oh cielos, qué oigo.

GENARO
Vos primera, por mi mano,
disponeos a morir.

LUCRECIA
¿Yo? ¡Genaro!

GENARO
Sí.

LUCRECIA
Escúchame, loco.

GENARO
(coge el cuchillo de encima de la mesa.)
Estoy decidido.

LUCRECIA
(asombrada, para sí)
¿Qué debo hacer? ¿Qué puedo decir?

GENARO
¡Preparaos!

LUCRECIA
¡Despiadado!
¿Podrías herirme? ¿Matarme?

GENARO
Sí, lo puedo, estoy desesperado.
Todo, todo me lo has quitado.
No más demoras.

LUCRECIA
¡Ah! Espera, espera.

GENARO
Prepárate.

LUCRECIA
¡Genaro!

GENARO
(con resolución)
Prepárate.

LUCRECIA
Espera. Ah, eres un Borgia.

GENARO
(le cae el cuchillo)
¿Yo?

LUCRECIA
Fueron tus padres los míos.
No cometas un horrendo delito,
no viertas tu misma sangre.

GENARO
¿Soy un Borgia?

(Sollozando)

¡Oh cielos! ¡Qué oigo!

LUCRECIA
¡Ah! No me preguntes más.
¡Escúchame, no te imploro
para salvar mi vida!
Mil veces al día yo muero,
mil veces en el corazón herida
por ti ruego; contigo al menos,
¡ah!, no quieras ser cruel.
Bebe, bebe, y el veneno, ah,
apresúrate a neutralizar.

GENARO
¡Soy un Borgia!

LUCRECIA
El tiempo vuela, 
ay, cede, cede,
ay, apresúrate a neutralizar el veneno.

GENARO
¡Santo cielo!

LUCRECIA
El tiempo vuela,
ah! apresúrate a neutralizar el veneno.
Sí, Genaro, bebe, cede, ah,
apresúrate a neutralizar el veneno.

GENARO
(como escuchando)
Maffio se está muriendo.

LUCRECIA
¡Cede... por tu madre!

GENARO
Vamos:
tú sola eres la causa de su dolor.

LUCRECIA
No, no, Genaro.

GENARO
La oprimiste.

LUCRECIA
No lo creas.

GENARO
¿Qué le hiciste?

LUCRECIA
Vive, ah. Vive y te habla
con mi mismo dolor, con mi mismo terror.

GENARO
¡Cielos! ¿Tú, quizás?

LUCRECIA
¡Ah! Sí, soy yo.

GENARO
¡Tú! ¡Dios mío! Desfallezco.

(Cae sobre una silla)

LUCRECIA
¡Hijo mío! ¡Hola!
¡Rápidos, acudid! 
¡Ayuda! ¡Ayuda!
Nadie me escucha, todos están lejos;
Dios piadoso, consérvale la vida.

GENARO
Cesa, es demasiado tarde.
Me faltan las fuerzas, tengo frío.

LUCRECIA
¡Infeliz de mí!

GENARO
Tengo un velo ante los ojos.

LUCRECIA
Genaro querido, solamente una palabra.
Una mirada por piedad...

GENARO
¡Madre! Muero:
ah, me muero

(Genaro muere)

LUCRECIA
(horrorizada)
Ha muerto, ha muerto.

(Se oye ruido y pasos)

¡Hijo! ¡Ha muerto! ¡Ah, hijo!

(Las puertas de abren. Alfonso entra con
 Rustighello, seguido de guardias y mujeres)

DUQUE ALFONSO
¿Donde está él? ¿Dónde está?

LUCRECIA
¡Él! 

(Señalando a Genaro inerte)

Míralo.

ALFONSO Y GUARDIAS
¡Ah!

LUCRECIA
Era hijo mío,
mi esperanza, mi consuelo,
él podía aplacar a Dios,
parecía purificarme.
Toda luz con él se apaga,
y con el mi alma ha muerto.
Sobre mí el cielo arroja
su saeta vengadora.

GUARDIAS Y MUJERES
¡Qué misterio! ¡Horrible suceso! ¡Ah!

LUCRECIA
¡Ah! Era hijo mío, etc.
Sobre mí el cielo arroja
su saeta vengadora, etc.

GUARDIAS Y MUJERES
Socorredla, muere, etc.

(Lucrecia se desvanece en brazos 
de las doncellas)


FIN