LUCRECIA BORGIA
DON ALFONSO GENARO MAFFIO ORSINI RUSTIGHELLO ASTOLFO JEPPO LIVEROTTO APOSTOLO GAZELLA OLOFERNO VITELOZZO ASCANIO PETRUCCI GUBETTA CRIADO COPERO VOZ FUERA DE ESCENA |
Duquesa de Ferrara Duque de Ferrara Joven soldado de nacimiento desconocido Joven aristócrata, amigo de Genaro Hombre de confianza del Duque Agente secreto de la duquesa Amigo de Genaro Amigo de Genaro Amigo de Genaro Amigo de Genaro Agente secreto de la Duquesa |
Soprano Bajo Tenor Mezzosoprano Tenor Bajo Tenor Bajo Tenor Bajo Tenor Tenor Barítono Barítono |
PROLOGO (Terrazzo nel palazzo Grimani in Venezia È notte. Si sta celebrando quello carnevale. Ad entrambi i lati della terrazza quello palazzo è splendidamente illuminato. In fondo il canale della Giudecca, sul quale si veggono a passare ad intervalli nelle tenebre alcune gondole. In lontano Venezia al chiaror della luna. Alcune donne e uomini attraversano di tratto in tratto il teatro, portando nelle sue mani maschere. Alcuni persone mascherate si fermano e si intr attengono parlando tra sé. Entrano, ridendo e parlando, Gennaro, Orsini, Gazella, Petrucci, Vitellozzo, Liverotto e Gubetta ) GAZELLA Bella Venezia! PETRUCCI Amabile! GAZELLA E PETRUCCI D'ogni piacer soggiorno! ORSINI Men die sue notti è limpido D'ogn'altro cielo il giorno. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Bella Venezia! amabile! D'ogni piacer soggiorno! Men di sue notti è limpido D'ogn'altro cielo il giorno. (Corron d'ogni parte a veder le dame e le maschere che passeggiano.) E l'orator Grimani Noi seguirem domani: Tali avrem mai Tali delizie in rive al Po? GUBETTA (inoltrandosi) Le avrem. D'Alfonso è splendida, lieta la Corte assai ... Lucrezia Borgia ... GLI ALTRI E CORO (interrompendolo) Acquetati, non la nomar giammai. VITELLOZZO Nome esecrato è questo. LIVEROTTO La Borgia ... io la detesto ... TUTTI E CORO Chi le sue colpe intendere, E non odiarla può? ORSINI Io più di tutti. Uditemi ... (Tutti si accostano.) Un veglio ... un indovino ... GENNARO Novellator perpetuo esser vuoi dunque Orsino? LIVEROTTO, VITELLOZZO, GUBETTA, PETRUCCI E GAZELLA Taci. GENNARO Lucrezia Borgia pace: Udir di lei mi spiace ... LIVEROTTO, VITELLOZZO, GUBETTA, PETRUCCI E GAZELLA Taci, non l'interrompere; breve il suo dir sarà. GENNARO Io dormirò ... destatemi quando finito avrà. (Gennaro si adagia, e a poco a poco si addormentata.) ORSINI Uditemi. Nella fatal di Rimini e memorabil guerra, Ferito e quasi esanime io mio giaceva a terra ... Gennaro a me soccorse, Il suo destin mi porse, E in solitario bosco mi trasse e mi salvò. GLI ALTRI E CORO La sua virtù conosco, la sua pietade io so. ORSINI Là nella notte tacita, lena pigliando e speme, Giurammo insiem di vivere e di morire insieme. "E insiem morrete," Voce gridò sonora: E un veglio in veste nera gigante a noi s'offrì. GLI ALTRI E CORO Cielo! ORSINI "Fuggite i Borgia, o giovani," ei proseguì più forte ... GLI ALTRI E CORO Qual mago egl'era ... ORSINI "Odio alla rea Lucrezia ... dov'è Lucrezia è morte" ... GLI ALTRI E CORO ... per profetar così? ORSINI Sparve ciò detto: e il vento In suono di lamento Quel nome ch'io detesto Tre volte replicò! GLI ALTRI E CORO Rio vaticinio è questo. Ma fede puoi dargli? No, no, no, no! CORO Senti. La danza invitaci. Bando a sì triste immagini ... Passiam la notte in gioia. Assai quell'empia femmina Ne diè tormento e noia. (Odesi la musica d'una banda dall'interno del palagio) ORSINI Fede a fallaci oroscopi l'anima mia non presta. Non presta fe', no, no, no, no. Ma pur, mio malgrado, un palpito sovvenir mi desta. Spesso dovunque movo, Quel vegliardo trovo, Dovunque movo, Quella minaccia orribile parmi la notte udir. GLI ALTRI E CORO Finchè il Leon temuto Ne porge asilo e aiuto, Il Leon temuto, L'arti e il furor de' Borgia Non ci potran colpir, no, no. Vieni, la danza invitaci ... Lasciam costui dormir. (Partono tutti, traendo seco Orsini.) ORSINI Te, mio Gennaro, invidio, che puoi così dormir. Ah! Spesso dovunque movo, quel veglio orrendo io trovo. LIVEROTTO E VITELLOZZO Vieni ORSINI Quella minaccia orribile parmi la notte udir. GLI ALTRI E CORO Finchè il Leon temuto, ecc. Vieni, lasciam costui dormir, ecc. ORSINI Ma pur, mio malgrado, ecc. Te, mio Gennaro, ecc. (Approda una gondola: n'esce una dama mascherata. È Lucrezia: s'inoltra guardinga. Vede Gennaro addormentato e s'appressa a lui contemplandolo con piacere e rispetto. Gubetta le va incontro.) LUCREZIA Tranquillo ei posa . Oh sian così tranquille Le sue notti sempre! E mai provar non debba Qual delle notti mie, Quant'è il tormento! Ah, e mai provar non debba! (a Gubetta) Sei tu? GUBETTA Son io. Pavento che alcun vi scopra: Ai giorni vostri, è vero, scudo è Venezia; Ma vietar non puote che conosciuta non v'insulti alcuno. LUCREZIA E insultata sarei! m'abborre ognuno! Pur, per sì trista sorte nata io non era ... Oh! potess'io far tanto che il passato non fosse, E in un cor solo destare un senso di pietade e amore Che invano al mondo in mia grandezza io chiedo! Quel giovin vedi? GUBETTA Il vedo, e da più dì lo seguo, E indarno tento scoprir l'arcano che per lui vi tragge Da Ferrara a Venezia in tanta ambascia ... LUCREZIA Tu scoprirlo! Nol puoi! Seco mia lascia. (Gubetta parte. Mentre Lucrezia si avvicina a Gennaro non si accorge di due uomini mascherati che passano dal fondo, e si fermano in disparte.) LUCREZIA (guardandolo con affetto) Com'è bello! Quale incanto In quel volto onesto e altero! No, giammai leggiadro tanto Non sel pinse il mio pensiero. L'alma mia di gioia è piena, Or che alfin lo può mirar ... Ma risparmia, o ciel, la pena Ch'ei debba un dì sprezzar. Se il destassi? ... No: non oso, Nè scoprire il mio sembiante: Pure il ciglio lacrimoso Terger debbo un solo istante. (Lucrezia si toglie la maschera e si asciuga le lagrime. Alfonso e Rustighello parlano a voce bassa) DUCA (indietro mascherato) Vedi? è dessa. RUSTIGHELLO È dessa ... è vero. DUCA Chi è il garzone? RUSTIGHELLO Un venturiero. DUCA Non ha patria? RUSTIGHELLO Nè parenti; ma è guerrier fra i più valenti. DUCA Di condurlo adopra ogn'arte a Ferrara il mio poter. RUSTIGHELLO Con Grimani all'alba ei parte, Ei previene il tuo pensier. (Duca e Rustighello partono) LUCREZIA Mentre geme il cor sommesso, Mentre piango a te d'appresso, Dormi e sogna, o dolce oggetto, Sol di gioia e di diletto, Ed un angiol tutelare Non ti desti che al piacer! Ah! triste notti e veglie amare Debbo sola sostener Gioie sogna, ed un angiol Non ti desti che al piacer! Si voli il primo a cogliere bacio d'un santo amore, quell'innocente core riposi sul mio cor. Un dolce sogno, un estasi, un lusinghiero incanto! La vita a lui d'accanto, delizia fia d'amor, Si voli il primo a cogliere, ecc. ( Lucrezia si avvicina a baciare la mano a Gennaro. Gennaro si desta e affetta Lucrezia per la braccia.) Ciel! GENNARO Che vegg'io? LUCREZIA Lasciatemi. GENNARO No, no, gentil signora. LUCREZIA Lasciatemi. GENNARO (trattendola) No, per mia fede. LUCREZIA Ah! lasciatemi. GENNARO No, per mia fede! Ch'io vi contempla ancora! Leggiadra, amabil siete; Nè paventar dovete Che ingrato ed insensibile Per voi si trovi un cor. LUCREZIA Gennaro! e fia possibile Che a me tu porti amor? GENNARO Qual dubbio è il vostro? LUCREZIA Ah! dimmelo. GENNARO Sì quanto lice, io v'amo. LUCREZIA (fra sè) Oh gioia! ... GENNARO (incerto) V'a ... v'a ... (deciso) V'amo. Eppure, uditemi ... esser verace io bramo, Sì, io bramo. Avvi un più caro oggetto, Cui nutro immenso affetto. LUCREZIA E ti è di me più caro? GENNARO Sì. LUCREZIA Chi è mai? GENNARO Mia madre ell'è. LUCREZIA Tua madre! ... GENNARO Sì. LUCREZIA Tua madre! ... Oh mio Gennaro! tu l'ami? GENNARO Al par di me. LUCREZIA Ed ella? GENNARO Ah! compiangetemi: io non la vidi mai. LUCREZIA Ma, come? ... GENNARO È funesta istoria, Che sempre altrui celati, Ma son da ignoto istinto A dirla a voi sospinto; Alma cortese e bella ... LUCREZIA (fra sè) Tenero cor! GENNARO ... nel vostro volto appar. LUCREZIA Ah! favella, favella ... Tutto mi puoi narrar. GENNARO Di pescatore ignobile Esser figliuol credei, E seco oscuri in Napoli Vissi i prim'anni miei. Quando un guerriero incognito Venne d'inganno e trarmi; Mi diè cavallo ed armi, E un foglio a me lasciò. LUCREZIA Ebben? GENNARO Era mia madre, ahi misera! Mia madre che scrivea ... Di rio possente vittima Per sè, per me temea; Di non parlar, nè chiedere il nome suo qual era Calda mi fe' preghiera, Ed obbedita io l'ho. LUCREZIA (si asciuga le lagrime) E il foglio suo? GENNARO Miratelo: Mai dal mio cor si parte. LUCREZIA Oh! quante amare lagrime Forse in vergarlo ha sparte! GENNARO Ed io, signora, oh quanto su quelle cifre ho pianto! Ma che? voi pur piangete? LUCREZIA Ah sì. GENNARO Piangete? LUCREZIA Per lei ... per te ... GENNARO Per me? ... LUCREZIA Per te. GENNARO Piangete per me? Piangete per me? Alma gentil voi siete, Amor più cara a me. LUCREZIA Ama tua madre, e tenero Sempre per lei ti serba ... Prega che l'ira plachisi Della sua sorte acerba ... Prega che un giorno stringere Ella ti possa al cor. GENNARO L'amo, sì, l'amo, e sembrami Vederla in ogni oggetto ... Una soave immagine Me n'ho formato in petto; Seco, dormente o vigile, Seco favello ognor. LUCREZIA (fra sè) Tenero cor! GENNARO Alma gentil voi siete, più cara a me. LUCREZIA Ah! Ama tua madre, e tenero ... GENNARO L'amo ... LUCREZIA ... sempre per lei ti serba ... GENNARO ... sempre ... LUCREZIA ... Prega che l'ira plachisi della sua sorte acerba. GENNARO Sì. LUCREZIA Prega che un giorno stringere ella ti possa al cor. Prega che un giorno stringere , ecc. GENNARO Una soave immagine, ecc (Si avvicinano da varie parti le maschere: escono paggi con torcie, che accompagnano dami e cavalieri.) LUCREZIA Gente appressa ... io ti lascio. GENNARO (trattendola) Ah! fermate, fermate. ORSINI (riconosce Lucrezia, l'addita ai compagni) Che mai veggo? LUCREZIA M'è forza lasciarti. GENNARO Deh! chi siete almen dirmi degnate. LUCREZIA Tal che t'ama, ... GENNARO Chi siete? ... LUCREZIA ... e sua vita è l'amarti. GENNARO Chi siete? ORSINI (avanzandosi) Io dirollo ... LUCREZIA (si copra colla maschera il volto e vuole allontanarsi) Gran Dio! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA (opponendosi) Non partite. (riconducendola) Forza è udirne. LUCREZIA Gennaro! ... GENNARO (ai suoi amici) Che ardite? S'avvi alcun d'insultarla è capace, Di Gennaro più amico non è. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Chi siam noi sol chiarirla ne piace, ... LUCREZIA (fra sè) Oh cimento! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA ... e poi fugga da te. LUCREZIA Oh cimento! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Forza è udirne. GENNARO Favellate. ORSINI Maffio Orsini, signora, son io, Cui svenaste il dormente fratello. VITELLOZZO Io Vitelli, cui feste lo zio Trucidar nel rapito castello. LIVEROTTO Io nipote d'Appiano tradito, Da voi spento infame convito. GENNARO (fra sè) Ciel! che ascolto! Ah! O cielo, che ascolto! PETRUCCI Io Petrucci del Conte cugino ... LUCREZIA (Fra sè) Oh! Malvagia mia sorte! PETRUCCI ... Cui toglieste di Siena il domino. CORO Qual rea donna! GAZELLA Io congiunto d'oppresso consorte, Che faceste nel Tebro perir. LUCREZIA (Fra sè) Ciel! ove fuggo? che fare, che dir? Ah! ove fuggo? che fare, che dir? CORO Ah! Cielo! Quel rea donna! GENNARO (Fra sè) Oh ciel! Ohimè! ah! che ascolto, giusto ciel! Oh ciel! Che far, che far? ORSINI Maffio Orsini, signora, so io, sì, son io. VITELLOZZO Io Vitelli, signora, son io, sì, LIVEROTTO Io nipote d'Appiano, sì son io. PETRUCCI E GAZELLA Sì, siam noi, siamo noi. LUCREZIA Malvagia mia sorte! CORO Ah! Cielo! Qual rea donna! GENNARO (Fra sè) Oh ciel! che ascolto! LUCREZIA (Fra sè) Malvagia mia sorte! (piange) CORO Va, rea donna, va, va, va! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Or che a lei l'esser nostro è palese, odi il suo. GENNARO E CORO Dite, dite. LUCREZIA Ah! pietade! ah! pietade! ... ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Odi il suo ... LUCREZIA No. Ah! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Ella è donna che infame si rese, Che l'orrore sarà d'ogni etade ... LUCREZIA Grazia! grazia! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Ella è donna venefica, impura, vilipese, Oltraggiò la natura. LUCREZIA Ah! Gennaro! ... ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Com'è odiata è temuta del paro, ... GENNARO Questa donna? ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA ... Chè possente il destino la fè. GENNARO Ah! ma chi è mai? LUCREZIA (in ginocchio) Non udirli, Gennaro! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Chi? Vuoi saperlo? GENNARO Sì, chi è mai? ... LUCREZIA Per pietà, non udirli! GENNARO Ah! lo dite. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Com'è odiata è temuta del paro, ecc LUCREZIA Ah! No, no! Grazia! Non udirli, no, no GENNARO Ah! Ma chi è? dite, Cielo! Dite tal donna chi è. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA E CORO Ella infame si rese, ecc. Il destino potente la fè. GENNARO Dite, dite. Ah! Il destino potente la fè LUCREZIA Gennaro! No, Gennaro! Ah! Non udirli, non udirli. Ah! Mio Gennaro! ALTRE MASCHERE Ah! Ma chi è mai? Ma chi sarà? GENNARO Ma chi è mai? (Lucrezia si toglie la sua maschera) ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA E CORO È la Borgia ... GENNARO Dio! ... ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA E CORO Ravvisala. GENNARO Va, va, va. ALTRE MASCHERE La Borgia! LUCREZIA Ah! (Tutti fuggono. Lucrezia segue Gennaro, tenendolo per le ginocchia..) |
PRÓLOGO (Terraza del palacio Grimani en Venecia. Es de noche. Se está celebrando el carnaval. A ambos lados de la terraza el palacio está espléndidamente iluminado. Al fondo, el canal de la Giudecca, por el que se ven pasar unas góndolas en las sombras. A lo lejos, Venecia a la luz de la luna. De vez en cuando, mujeres y hombres vienen y van, magníficamente disfrazados, llevando en sus manos máscaras. Algunas personas enmascaradas se paran y se entretienen hablando entre sí. Entran, riendo y hablando, Genaro, Orsini, Gazella, Petrucci, Vitellozzo, Liverotto y Gubetta) GAZELLA ¡Bella Venecia! PETRUCCI ¡Amable! GAZELLA Y PETRUCCI ¡Morada de todos los placeres! ORSINI El día, en cualquier otro sitio, es menos límpido que sus noches. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Bella Venecia! ¡Amable! El día, en cualquier otro sitio, es menos límpido que sus noches. El día, en cualquier otro sitio, (Corren de todas partes a ver a las damas y a las máscaras que están paseando) Y al orador Grimani mañana seguiremos: ¿tendremos también deleites como éstos, cerca del Po? GUBETTA (adelantándose) Los tendremos. Espléndida y alegre, es la corte de Alfonso... Lucrecia Borgia... LOS OTROS Y CORO (interrumpiéndole) Cállate, no la nombres. VITELLOZZO Ése es un nombre maldito. LIVEROTTO La Borgia... yo la detesto... TODOS Y CORO ¿Quién puede conocer sus delitos y no odiarla? ORSINI Yo más que nadie. Escuchad... (Todos se acercan.) Un anciano... un adivino... GENARO ¿Perpetuo narrador quieres ser, Orsini? LIVEROTTO, V1TELLOZZO, GUBETTA, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Calla! GENARO Deja en paz a la Borgia: odio oír hablar de ella. LIVEROTTO, V1TELLOZZO, GUBETTA, PETRUCCI Y GAZELLA Calla, no le interrumpas; su relato será breve. GENARO Voy a dormir. Despertadme cuando acabe. (Se pone cómodo y poco a poco se adormece) ORSINI Escuchadme. En la guerra de Rímini, fatal y memorable, herido y casi exánime, yo yacía en tierra... Genaro me socorrió, me subió a su caballo, y a un bosque solitario me llevó y me salvó. LOS OTROS Y CORO Su valor conozco, y su piedad también. ORSINI Allí, en la silenciosa noche, tomando aliento y llenos de esperanza, juramos vivir juntos y juntos morir. "Y juntos moriréis", entonces gritó una voz sonora: y un anciano vestido de negro, gigantesco, apareció. LOS OTROS Y CORO ¡Cielos! ORSINI "Huid de los Borgia, jóvenes", añadió más tarde... LOS OTROS Y CORO ¿Acaso era un mago... ORSINI "Odio a la malvada Lucrecia, donde esta ella, está la muerte." LOS OTROS ... para así profetizar? ORSINI ¡Desapareció, y el viento como un lamento, ese nombre que detesto tres veces repitió! LOS OTROS Y CORO Malo es el vaticinio, pero ¿puedes creerlo? No, no. No, no. MÁSCARAS Escucha, la danza nos llama. Dejémonos de tristes imágenes, pasemos la noche alegremente. Demasiado, esa malvada mujer, nos atormenta y molesta. (Se oye la música de una orquesta en el interior del palacio) ORSINI Crédito a falaces horóscopos mi alma no concede, no concede, no, no, no. Mas, a pesar mío, de alarma me llena ese recuerdo. En cualquier sitio que me encuentre, al horrendo anciano yo veo. Dondequiera que me encuentre, Aquella horrible amenaza en la noche me parece oír. LOS OTROS Y CORO Mientras el León temido nos de cobijo y ayuda, el León temido, las malas artes y el furor de los Borgia no nos podrán herir, no, no, etc. Ven, la danza nos llama, dejémosle dormir. (Todos parten, llevando consigo a Orsini) ORSINI Envidio, Genaro, que puedas dormir así. ¡Ah! En cualquier sitio que me encuentre, al horrendo anciano yo veo LIVEROTTO Y VITELLOZZO Ven. ORSINI Aquella horrible amenaza en la noche me parece oír. LOS OTROS Y CORO Mientras el León temido, etc. Dejémosle dormir, etc. ORSINI Mas, a pesar mío, etc. Envidio, Genaro, etc. (Llega una góndola. De ésta sale una dama enmascarada. Es Lucrecia. Avanza con cuidado. Ve a Genaro dormido y se acerca a él, contemplándole con afecto y respeto. Gubetta sale a su encuentro) LUCRECIA Tranquilo descansa. ¡Oh! ¡Sean tan apacibles siempre sus noches! Y nunca sepa cuán grande es de mis noches el tormento! ¡Y nunca sepa! (a Gubetta) ¿Eres tú? GUBETTA Soy yo. Temo que alguien os descubra: vuestra vida, es verdad, Venecia protege; pero impedir no puede que, reconocida, os insulten. LUCRECIA ¡Y me insultarían! ¡Todos me odian! Para suerte tan triste no había nacido. ¡Oh! Si pudiera hacer que el pasado no existiera, y en un solo corazón despertar la piedad y el amor, ¡que inútilmente al mundo para mí fama pido! ¿Ves a ese joven? GUBETTA Lo veo, desde hace días lo sigo, inútilmente intento descubrir el misterio que tras él os ha traído de Ferrara a Venecia con tanta angustia. LUCRECIA ¡Descubrirlo no puedes! Déjame con él (Gubetta se va, Lucrecia se dirige hacia Genaro sin darse cuenta de que el duque Alfonso y Rustighello, ambos enmascarados, pasan por el fondo y se quedan a un lado) LUCRECIA (mirándolo con afecto) ¡Qué hermoso es! ¡Qué encanto hay en su rostro honesto y noble! ¡No! Nunca tan hermoso lo imaginó mi pensamiento. Mi alma se llena de alegría ahora que puede contemplarle. Ahórrame, o cielo, la pena de que un día pueda despreciarme. ¿Si le despertara?... No, no me atrevo... ni a descubrir mi rostro. Debo secar mis lágrimas... un solo momento. (Lucrecia Se quita su máscara y seca sus lágrimas. Alfonso y Rustighello hablan en voz baja) DUQUE ALFONSO (detrás enmascarado) ¿Ves? Es ella. RUSTIGHELLO Es ella, es verdad. DUQUE ALFONSO ¿Quién es el joven? RUSTIGHELLO Un aventurero. DUQUE ALFONSO ¿No tiene patria? RUSTIGHELLO Ni parientes; pero es un guerrero de los más valientes DUQUE ALFONSO Usa cualquier arte para atraerlo a Ferrara. RUSTIGHELLO Al alba parte con Grimani: se adelanta a tus deseos. (Alfonso y Rustighello se van.) LUCRECIA Mientras mi corazón gime en secreto, mientras lloro a tu lado, duerme y sueña, ¡oh! dulce objeto, solamente alegría y deleite, y que un ángel tutelar ¡te despierte para el placer! ¡Oh! Tristes noches y amargas velas sólo yo debo sufrir. ¡Sueña alegrías y que un ángel te despierte para el placer! Que sea el primero en recoger el beso de un santo amor; que ese inocente corazón repose sobre el mío. ¡Un sueño dulce, un éxtasis, un encanto lisonjero! La vida junto a él será una delicia de amor. Que sea el primero en recoger; etc. (Ella besa la mano de Genaro, y éste se despierta y coge a Lucrecia por el brazo) ¡Cielos! GENARO ¿Que veo? LUCRECIA ¡Dejadme! GENARO No, no, gentil señora. LUCRECIA ¡Dejadme! GENARO (reteniéndola) ¡No, a fe mía! LUCRECIA ¡Ah, dejadme! GENARO ¡No, a fe mía! ¡Dejadme contemplaros! Hermosa y amable sois; no debéis temer que desagradecido e insensible para vos pueda ser un corazón. LUCRECIA ¡Genaro! ¿Es posible que tú me quieras? GENARO ¿Cómo podéis dudarlo? LUCRECIA ¡Ah, dímelo! GENARO Sí, os amo, todo lo que se puede amar. LUCRECIA (para sí) ¡Oh! ¡Felicidad! GENARO (dudando) Pero... Pero... (Decidido) Os amo. Sin embargo, Oidme: ser sincero deseo, sí, lo deseo. Existe un ser más querido, al que inmensamente quiero. LUCRECIA ¿Más querido que yo? GENARO Sí. LUCRECIA ¿Quién es? GENARO Es mi madre. LUCRECIA ¿Tu madre? GENARO Sí. LUCRECIA ¿Tu madre? ¡Oh, Genaro! ¿Tú la quieres? GENARO ¡Como a mí mismo! LUCRECIA ¿Y ella? GENARO ¡Ah! Compadecedme. Nunca la he visto. LUCRECIA ¿Cómo es eso? GENARO Es una triste historia, que siempre he ocultado, pero un instinto extraño me empuja a revelárosla; un alma cortés y bella... LUCRECIA (para sí) ¡Tierno corazón! GENARO ... en vuestro rostro brilla. LUCRECIA ¡Ah! ¡Habla, habla... puedes contármelo todo! GENARO De un pescador innoble me creí el hijo; con él, en Nápoles pasé mi oscura infancia. Pero un día un soldado desconocido vino a sacarme del error; me dio caballo y armas, y me dejó una carta. LUCRECIA ¿Y entonces? GENARO ¡Era mi madre, ay mísera! mi madre me escribía... de un malvado poderoso víctima, por ella y por mí temía; me pedía no hablar ni preguntar cuál era su nombre. Ansiosa, suplicaba, yo le he obedecido. LUCRECIA (se seca las lágrimas) ¿Y su carta? GENARO Miradla: de mi corazón nunca se separa. LUCRECIA ¡Oh! ¡Cuántas amargas lágrimas debió de llorar al escribirla! GENARO Y yo, señora, ¡cuánto sobre estas líneas he llorado! ¿Qué veo? ¿También lloráis? LUCRECIA ¡Ah! Sí. GENARO ¿Lloráis? LUCRECIA Por ella... por ti. GENARO ¿Por mí? LUCRECIA Por ti. GENARO ¿Lloráis por mí? ¿Lloráis por mí? Tenéis un alma gentil os quiero cada vez más. LUCRECIA Ama a tu madre, y se tierno con ella. Ruega que se aplaque la ira de su suerte cruel. Ruega que un día estrecharte pueda contra su corazón. GENARO La amo, sí, la amo y creo verla en todas las cosas, una dulce imagen de ella conservo en el pecho; con ella, dormido o despierto, hablo a todas horas. LUCRECIA (para sí) Tierno corazón. GENARO Alma gentil, os quiero cada vez más. LUCRECIA ¡Ah! Ama a tu madre, y sé tierno... GENARO La amo. LUCRECIA ... siempre con ella... GENARO ... Siempre... LUCRECIA Ruega que se aplaque la ira de su suerte cruel. GENARO Sí. LUCRECIA Ruega que un día estrecharte pueda contra su corazón. Ruega que un día estrecharte, etc. GENARO Una dulce imagen, etc. (Varios personajes disfrazados con máscaras se aproximan de diversas direcciones; salen pajes con antorchas acompañando a damas y caballeros) LUCRECIA Se acerca gente. Te dejo. GENARO (reteniéndola) ¡Ah! Deteneos, deteneos. ORSINI (reconoce a Lucrecia y la señala a sus compañeros) ¡Que veo! LUCRECIA Por fuerza he de dejarte. GENARO ¡Ah! Al menos, dignaos decirme quién sois. LUCRECIA Alguien que te quiere... GENARO ¿Quién sois? LUCRECIA ... y es toda su vida quererte. GENARO ¿Quién sois? ORSINI (adelantándose) Yo te lo diré. LUCRECIA (cubriendo su cara con una máscara e intentando escapar) ¡Dios mío! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA (cerrándole el paso) No partáis. (Reconociéndola) Tenéis que oírnos. LUCRECIA ¡Genaro!... GENARO (a sus amigos) ¿Cómo os atrevéis? Si alguien es capaz de insultarla, de Genaro ya no será amigo. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Quienes somos, queremos explicarle... LUCRECIA (para sí) ¡Oh, cruel prueba! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA ... Y después que se marche. LUCRECIA ¡Oh, cruel prueba! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Tenéis que oírnos! GENARO ¡Hablad! ORSINI Maffio Orsini, señora, yo soy, a cuyo hermano, dormido matasteis. VITELLOZZO Yo Vitelli. A mi tío vos hicisteis degollar en su propio castillo. LIVEROTTO Yo sobrino de Appiano, traicionado por vos en un infame banquete. GENARO (para sí) ¡Cielos, qué oigo! ¡Ah! ¡Cielos, qué oigo! PETRUCCI Yo Petrucci, primo del conde LUCRECIA (para sí) ¡Oh, suerte cruel! PETRUCCI ... al cual, de Siena, quitaste el señorío. MÁSCARAS ¡Qué mujer tan malvada! GAZELLA Yo pariente de un infeliz marido, que hicisteis ahogar en el Tiber. LUCRECIA (para sí) ¡Cielos! ¿A dónde huir? ¿Qué hacer, qué decir? ¡Ah! ¿A dónde huir? ¿Qué hacer, qué decir? MÁSCARAS ¡Ah! ¡Cielos! ¡Qué mujer tan malvada! GENARO (para sí) ¡Oh cielos! ¡Ay de mí! ¡Ah, qué oigo, santo cielo! ¡Oh cielos! ¿Qué hacer, qué hacer? ORSINI Maffio Orsini, señora, yo soy, sí. V1TELLOZZO Vitelli, señora, yo soy, sí. LIVEROTTO Yo sobrino de Appiano, sí. PETRUCCI Y GAZELLA Sí, somos nosotros, somos nosotros. LUCRECIA ¡Cruel es mi suerte! MÁSCARAS ¡Qué mujer tan malvada! GENARO (para sí) ¡Oh cielos, qué oigo! LUCRECIA (para sí) ¡Cruel es mi suerte! (Solloza) MÁSCARAS ¡Vete, mujer malvada, vete, vete! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Ahora que nuestra identidad ya conoce, conozcamos la suya. GENARO Y MÁSCARAS Hablad, hablad. LUCRECIA ¡Ah, piedad! ¡Ah, piedad! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Conozcamos la suya. LUCRECIA No. ¡Ah! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Es mujer que infame se hizo y que será el horror de todos los siglos. LUCRECIA ¡Gracia! ¡Gracia! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Esta mujer venenosa, impura, escarneció, ultrajó la naturaleza. LUCRECIA ¡Ah, Genaro!... ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Es tan odiada y temida... GENARO ¿Esta mujer? ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA .... como poderosa la hizo el destino. GENARO ¡Ah! Pero, ¿quién es? LUCRECIA (de rodillas) ¡No les escuches, Genaro! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¿Quién? ¿Quieres saberlo? GENARO Sí. ¿Quién es?... LUCRECIA Por piedad, no les escuches. GENARO ¡Ah! Decidlo. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Es tan odiada, y temida como etc. LUCRECIA ¡Ah! ¡No, no! ¡Por piedad! No les escuches, no, no. GENARO ¡Ah! Pero, ¿quién es? Decid. ¡Cielos! Decid quién es esta mujer. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA Y LAS MÁSCARAS Ella infame se hizo, etc. Poderosa la hizo el destino. GENARO Hablad, Hablad. ¡Ah! Poderosa la hizo el destino. LUCRECIA ¡Genaro! No. ¡Genaro! ¡Ah! No les escuches, no les escuches. ¡Ah! ¡Genaro mío! OTRAS MÁSCARAS ¡Ah! Pero ¿quién es? ¿Quién es? GENARO ¿Quién es? (Lucrecia se quita su máscara.) ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA Y LAS MÁSCARAS ¡Es la Borgia! GENARO ¡Dios mío! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA Y LAS MÁSCARAS Miradla. GENARO Vete, vete, vete. OTRAS MÁSCARAS ¡La Borgia! LUCRECIA ¡Ah! (Todos huyen. Lucrecia sigue cogiendo a Genaro por las rodillas) |
ATTO PRIMO Scena prima (Una piazza di Ferrara. Da un lato palazzo con verone, sotto al quale uno stemma di marmo, ove è scritto con caratteri visibili di rame dorato: BORGIA. Dall'altro piccola casa coll'uscio sulla strada, le cui finestre sono illuminate di dentro. Notte. Alfonso e Rustighello entrano vestendo lunghe cappe) DUCA Nel veneto corteggio Lo ravvisasti? RUSTIGHELLO E me gli posi al fianco, E lo seguii come se l'ombra Io fossi del corpo suo. (Addita la casa di Gennaro.) Quello è il suo tetto. DUCA Quello? Appo il ducale ostello Lucrezia il volle! RUSTIGHELLO E in esso ancora il vuole, Se non m'inganna Di quel vil Gubetta L'ira e il redir, E lo spiar furtivo. DUCA Entrava ei puote, Non ne uscir mai vivo. (Odesi voci e suoni della casa di Gennaro.) Odi? RUSTIGHELLO Gli amici in festa ... CORO Viva! Evviva! RUSTIGHELLO ... tutta la notte accoglieva in quelle porte il giovin folle. CORO Viva! viva! RUSTIGHELLO Separarsi all'alba han per costume. DUCA E l'ultim'alba è questa Che al temerario splende; L'ultimo addio Che dagli amici ei prende. CORO Viva! evviva! Viva! Viva! DUCA Vieni: la mia vendetta È meditata e pronta; Ei l'assicura e affretta Col cieco suo fidar. Ah! Vieni; la mia vendetta, ecc. RUSTIGHELLO Ma se l'altier Grimani Là si recasse ad onta? DUCA Mai per cotesti insani Me non vorrà sfidar, no, no. Qualunque sia l'evento Che può recar fortuna, Nemico non pavento L'altero ambasciator. Non sempre chiusa ai popoli Fu la fatal Laguna, Ad oltraggiato principe Aprir si puote ancora. (I suoni della casa di Gennaro si fan più vicini, si spengono i lumi.) RUSTIGHELLO Tutta la notte in festa. DUCA E l'ultima sarà. RUSTIGHELLO L'ultimo addio sarà. DUCA Sì. Qualunque sia l'evento, ecc (Vanno via, al tempo che Orsini, Liverotto, Vitellozzo, Petrucci, Gazella, Gubetta e Gennaro escono della casa di questo ultimo, tutti sono allegri, eccetto Gennaro che sta pensoso. Gubetta Rimane a parte) ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZZELLA Addio, Gennaro. GENNARO (con serietà) Addio, nobili amici. ORSINI Ma che? ... deggio sì mesto mirarti ognor? ... GENNARO Mesto non già. (Fra sè) Potessi, se non vederti, almen giovarti, o madre! ORSINI Mille beltà leggiadre saran stasera al genial festino, Cui la gentil m'invita Principessa Negroni. Ove qualcuno obliato avess'ella. A me lo dica: di riparar l'errore è pensier mio. GENNARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Tutti fummo invitati. GUBETTA (avanzandosi) E il sono anch'io. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZZELLA Oh! il signor Beverana! (Tutti gli vanno incontro, tranne Gennaro e Orsini.) GENNARO (a Orsini) Da per tutto è costui! Già da gran tempo m'è sospetto ... ORSINI (a Gennaro) Oh, non temer: uom lieto, e qual siam tutti, Una sventato è desso. VITELLOZZO Or via! così dimesso Io non ti vo', Gennaro. LIVEROTTO Ammaliato t'avria forse la Borgia? ... GENNARO E ognor di lei V'udrò parlarmi? Giuro al cielo, signori, Scherzi non voglio. Uomo non v'ha Che abborra al par di me costei. PETRUCCI Tacete. È quello il suo palagio. GENNARO E il sia. Stamparle e in fronte vorrei l'infamia, Che a stampar son pronto su quelle mura Dov'è scritto "Borgia". (Sale un gradino, e colla punta del pugnale fa saltar via il "B" del "Borgia".) LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZZELLA Che fai? GENNARO Leggete adesso. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZZELLA Oh diamin! ORGIA! GUBETTA Una facezia è questa, Che può costar domani ben cara a molti. GENNARO Ove del reo si chieda, Me stesso a palesar pronto son io. (Si vedono indietro due uomini vestiti di nero.) ORSINI Qualcun ci osserva ... Separiamci. TUTTI Addio. (Gennaro rientra in casa. Gli altri si disperdono. Entrano Astolfo e Rustighello) RUSTIGHELLO Qui che fai? ASTOLFO Che tu t'en vada fermo aspetto. E tu che fai? RUSTIGHELLO Che tu sgombri la contrada fermo attendo. ASTOLFO Con chi l'hai? RUSTIGHELLO Con quel giovine straniero ch'ha qui stanza; E tu con chi? ASTOLFO Con quel giovine straniero ... RUSTIGHELLO Con quel? ASTOLFO ... Che pur esso alberga qui. RUSTIGHELLO Dove il guidi? ASTOLFO Alla Duchessa. E tu dove? RUSTIGHELLO Al duca appresso. ASTOLFO Oh! la via ... non è istessa. RUSTIGHELLO Nè conduce a un fine istesso. ASTOLFO L'una a festa ... RUSTIGHELLO L'altra a morte ... ASTOLFO L'una a festa ... RUSTIGHELLO L'altra a morte ... RUSTIGHELLO E ASTOLFO Delle due qual s'aprirà? Del più destro del più forte Dal voler dipenderà. (Rustighello fa un segno dal cantonte della strada: entra un drappello di scherani, i quali circondo Astolfo.) RUSTIGHELLO E CORO Non far motto: parti, sgombra: Il più forte appien lo vedi. Guai per te se appena un'ombra Di sospetto a lui tu porgi! Sai che un solo qui tutto regge: Somma legge è il suo voler, ecc. ASTOLFO Lo so, Ma il furor della Duchessa... RUSTIGHELLO E CORO Taci, e d'essa, no, non temer ASTOLFO ... della Duchessa? RUSTIGHELLO E CORO Taci, e d'essa, no, non temer. Al suo nome, alla sua fama Fè l'audace estrema offesa. ASTOLFO Fè l'audace estrema offesa. RUSTIGHELLO E CORO Vendicarsi il Duca brama: Impedirlo è stolta impresa. ASTOLFO Certo, certo, è stolta impresa. RUSTIGHELLO E CORO Se da saggio oprar tu vuoi, dèi piegare, partir, tacer. ASTOLFO Parto, sì... che avvenga poi ... Vostro sia, non mio pensier. RUSTIGHELLO E CORO Parti, ... ASTOLFO Parto, sì ... RUSTIGHELLO E CORO ... parti ... ASTOLFO ... parto, sì ... RUSTIGHELLO E CORO ... parti! Tu dèi piegar, partir, tacer, Se da saggio oprar tu vuoi, ecc ASTOLFO Vostro sia, non mio pensier, ecc (Astolfo si ritira. Rustighello e gli scherani atterrano le porte della casa di Gennaro) Scena seconda (Sala nel palazzo ducale. Gran porta in fondo. A dritta un uscio chiuso da invetriata. A sinistra un altro uscio segreto. Tavolino nel mezzo coperto di velluto. Alfonso entra con Rustighello) DUCA Tutti eseguisti? ... RUSTIGHELLO Tutto. Il prigioniero qui presso attende. DUCA Or bada. A quella in fondo segreta sala, Della statua a piedi dell'avol mio, Risposti armadi schiude quest'aurea a chiave. Ivi d'argento un vaso, e un d'or vedrai: Nella propinqua stanza ambo gli reca ... Nè desio ti tenti dell'aureo vaso ... Vin di Borgia è desso. (Rustighello fa per partire.) Attendi. All'uscio appresso Tienti di spada armato. Ov'io ti chiami I vasi apporta; ov'altro cenno intendi ... col ferro accorri. USCIERE (dalla porta) La Duchessa. DUCA (a Rustighello) Affretta. (Rustighello parte; allora attraverso delle porte di cristal, gli è visto passando di un lato ad un altro. Lucrezia entra) DUCA Così turbata? LUCREZIA A voi mi trae vendetta. Colpa inaudita, infame a denunziarvi io vengo. Avvi in Ferrara chi della vostra sposa A pien meriggio oltraggia il nome, e mutilarlo ardisce. DUCA M'è noto. LUCREZIA E nol punisce? e il soffre Alfonso in vita? DUCA A noi dinanzi tosto fia tratto. LUCREZIA Qual ei sia, pretendo che morte egl'abbia, E al mio cospetto; e sacra ducal parola Al vostro amor ne chiedo. DUCA E sacra io dolla. (all'Usciere) Il prigionier. (L'Usciere parte. Si presenta Gennaro disarmato fra le guardie.) LUCREZIA (Fra sè, turbata al vederlo) Che vedo! DUCA (con un sorriso) Noto vi è desso? LUCREZIA (Fra sè) O ciel! Gennaro! Ahi qual fatalità! GENNARO La vostra Altezza, o Duca, toglier mi fece Dal mio tetto a forza da gente armata. Chieder posso, io spero, d'ond'io mertai questo rigore estremo? DUCA Capitano, appressate ... LUCREZIA (Fra sè) Io gelo ... io tremo. DUCA Un temerario osava testè, di giorno, dal ducal palagio con man profana Cancellar l'augusto nome di "Borgia" Il reo si cerca. LUCREZIA Il reo non è costui ... DUCA D'onde il sapete? LUCREZIA (subito) Egli era stamane altrove ... Alcun de' suoi compagni Commise il fallo. GENNARO Non è ver. DUCA L'udiste? ... Sia te sincero, e dite se il reo voi siete ... GENNARO Uso a mentir non sono; Chè dalla vita istessa più caro ho l'onor mio. Duca Alfonso, il confesso ... il reo son io. LUCREZIA (Fra sè) Misera me! ... DUCA (piano a Lucrezia) Vi diedi la mia ducal parola ... LUCREZIA Alcuni istanti favellarvi in segreto, Alfonso, io bramo. (Fra sè) Deh! secondami o ciel! (A un cenno di Alfonso, Gennaro è condotto via.) DUCA Soli noi siamo. Che chiedete? ... LUCREZIA Vi chiedo, o signore, Di quel giovane illesa la vita. DUCA Come? dianzi cotanto rigore? L'ira vostra è sì tosto sparita? LUCREZIA (con vezzo) Fu capriccio ... A che giova ch'ei mora? Giovin tanto! ... Perdono gli do. DUCA La mia fede vi diedi, o signora, Nè a mia fede giammai fallirò. LUCREZIA Ma, Duca ... DUCA Mai. LUCREZIA Ascoltate ... DUCA Mai. LUCREZIA (frenandosi) Don Alfonso ... favore ben lieve Voi regate a sovrana ... a consorte! DUCA Chi v'offese irne impune non deve ... Voi chiedeste, io giurai la sua morte. LUCREZIA Perdoniam: siam clementi del paro ... DUCA No. LUCREZIA La clemenza è regale virtù DUCA Lo giurai. LUCREZIA Ah perdoniam, siam clementi del paro, ecc Ah, la clemenza è regale virtù, ecc. DUCA No mai! Io giurai ... no! la giurai ...no! Giurai, cadrà, sì, cadrà, sì! No, non posso, no, non posso. LUCREZIA E si avverso a Gennaro chi vi fè, caro Alfonso? DUCA (prorompendo) Chi? ... Tu. LUCREZIA Io? che dite? DUCA Tu l'ami, sì, tu l'ami ... LUCREZIA (Fra sè) Che ascolto! ... DUCA In Venezia il seguisti. LUCREZIA (Fra sè) Ah! giusto cielo! DUCA Sì, tu l'ami, e il seguisti. LUCREZIA Io? DUCA Anche adesso nel volto Si legge l'empio ardor che nutristi. LUCREZIA Don Alfonso! DUCA T'acqueta. LUCREZIA Vi giuro, ah, giuro ... DUCA Non macchiarti di nuovo spergiuro. LUCREZIA No. DUCA Tu l'ami e in Venezia il seguisti. LUCREZIA Don Alfonso!! DUCA E omai tempo ch'io prenda De' miei torti vendetta tremenda; E tremenda da questo momento Sul tuo complice infame cadrà. LUCREZIA (in ginocchio) Grazia, ah grazia, Alfonso, pietà! DUCA L'indegno vo' spento. LUCREZIA Per pietà! DUCA Più non odo pietà, non odo pietà LUCREZIA Non odi pietà? no? DUCA No. LUCREZIA No? (sorgendo) Oh! a te bada, a te stesso pon mente, Don Alfonso, mi quarto marito! Omai troppo m'hai vista piangente, Omai troppo il mio core è ferito. Al dolore sottentra la rabbia ... Ti potria far la Borgia pentir, Bada, bada, Alfonso, bada, Ti potria far la Borgia pentir. DUCA (con ironia) Mi sei nota: nè porre in oblio Chi sei tu, se il volessi, potrei; Ma tu pensa che il Duca son io, Che in Ferrara, e in mia mano tu sei ... Io ti lascio la scelta s'ei debba Di veleno o di spada morir, Pensa, pensa s'egli debba di spada morir. Scegli. LUCREZIA (fuor di sè) Oh Dio! DUCA Scegli. LUCREZIA Dio possente! Oh! a te bada, a te stesso pon mente, don Alfonso, mio quarto marito! ecc DUCA Mi sei nota, mi sei nota Ma tu pensa che il Duca son io. Va. Ma qui deve morir. Taci. Partir, vanne, vanne Qui deve morir, scegli, s'egli debba di veleno o di spada morir. (per uscire) Trafitto tosto ei sia. LUCREZIA Deh! t'arresta ... DUCA Ch'ei cada. LUCREZIA Non commetter sì nero delitto. DUCA Scegli, scegli ... LUCREZIA Ah! non muoia di spada! DUCA Sii prudente: d'appresso ti sono ... Nulla speme ti è dato nutrir. (Fa cenno che venga Gennaro.) LUCREZIA L'infelice al suo fato abbandono ... Uom crudele! ... mi sento morir ... (Cade sopra una sedia. Gennaro è introdotto dai guardia.) DUCA (a Gennaro) Della Duchessa ai prieghi, Che il vostro fallo obblia È forza pur ch'io pieghi, E libertà vi dia. LUCREZIA (Fra sè) Oh! come ei finge! DUCA E poi ... tanto è valore in voi, Che d'Adria il mar privarne, E Italia insiem, no vo! GENNARO Quai so darne, grazie, signor, ven do. LUCREZIA (Fra sè) Perfido! GENNARO Pur poichè dirlo è dato Senza temer viltade ... In uom che l'ha mertato, In beneficio cade. DUCA Come? GENNARO Di vostra Altezza il padre Cinto d'avverse squadre Peria, se scudo e aita Non gli era un venturier. DUCA E quel voi siete? ... LUCREZIA (sorgendo) E vita voi gli serbaste? GENNARO È ver. LUCREZIA (Fra sè) Duca! ... DUCA (Fra sè) L'indegna spera. LUCREZIA (fra sè) S'ei si mutasse! DUCA (fra sè) È vano. (a Gennaro) Seguir la mia bandiera vorreste, o Capitano? ... GENNARO Al Veneto Governo nodo mi stringe eterno ... E sacro è un giuro. DUCA (guardando Lucrezia) Il so ... LUCREZIA (Fra sè) Dio! DUCA (a Gennaro) Il so. (presentandogli una borsa) Questo oro almen ... deh! ... GENNARO Assai da' miei signori io n'ho. DUCA Almen, siccome antico Stile è fra noi degli avi, Libare a nappo amico Spero che a voi non gravi ... GENNARO Sommo per me favore Questo sarà, signore ... DUCA Gentil la mia consorte Coppiera a noi sarà. LUCREZIA (fra sè) Stato peggior di morte! (si alza per fuggire) DUCA (prendendola la mano) Meco, o Duchessa! (Fa cenno a Rustighello.) Olà! (a Lucrezia in disparte) Guai se ti sfugge un moto, Se ti tradisce un detto! Uscir dal mio cospetto Vivo quest'uom non dè. LUCREZIA (a Alfonso) Oh! se sapessi a quale .. DUCA Taci, LUCREZIA ... opra m'astringi atroce... DUCA taci. LUCREZIA ... per quanto sii feroce, Oh! se sapessi a quale, ecc Ne avresti orror con me. Ah per pietà! Ah, no, per pietà! Va! non v'è mostro egual ... Colpo maggior non v'ha, no, no, ne avresti orror con me, ecc. GENNARO (fra sè) Meco benigni tanto Mai non credea costoro ... Trovar perdono in loro Sogno pur sembra a me. Madre! esser dee soltanto Del tuo pregar mercè. DUCA (a Lucrezia) Guai se ti sfugge un moto, ecc. Versa il liquor, t'è noto ... Strano è il ribrezzo in te. Uscir dal mio cospetto vivo non dè (Rustighello porta due brocche di vino una di argento ed un'altra di oro) DUCA (Lucrezia versa dal vaso d'argento.) Or via: mesciamo. GENNARO Attonito per tanto onor son io. DUCA A voi, Duchessa ... LUCREZIA (fra sè) Il barbaro! DUCA (a Lucrezia) Il vaso d'or. LUCREZIA (fra sè) Gran Dio! (Lucrezia versa dal vaso d'oro.) DUCA (dando il bicchiere a Gennaro) V'assista il ciel, Gennaro. GENNARO Fausto vi sia del paro. (Bevono.) LUCREZIA (a Alfonso) Vanne: non ha natura Mostro peggior di te. GENNARO (fra sè) Madre, è la mia ventura Del tuo pregar mercè. DUCA (a Lucrezia sottovoce) Trema per te, spergiura! Vittima prima egli è. (a voce alta a Lucrezia ) Or, Duchessa a vostr'agio potete Trattenerlo oppur dargli commiato. (Parte con Rustighello) LUCREZIA (fra sè) Oh! qual raggio! GENNARO (inchinandosi) Signora ... accogliete I saluti d'un cor non ingrato. LUCREZIA (si assicura della partenza del Duca, poi corre sul davanti della scena, prende Gennaro e dice:) Infelice! il veleno bevesti! ... GENNARO Ah! LUCREZIA Non far motto, trafitto cadresti. GENNARO Come? LUCREZIA (gli dà un'ampolla) Prendi e parti: una goccia, una sola, Di quel farmaco vita ti dà Lo nascondi, t'affretta, t'invola T'accompagni del ciel la pietà... GENNARO Che mai sento! ... LUCREZIA ...t'accompagni del ciel la pietà GENNARO Che mai sento! ... E null'altro che morte Aspettarmi io doveva in tua Corte! Un rio genio mi pose la benda, M'inspirò sì fatal securtà. LUCREZIA No, Gennaro ... bevi e parti. GENNARO Forse, forse una morte più orrenda La tua destra, o malvagia, mi dà. LUCREZIA Deh! t'affretta ... Ah! t'accompagni del ciel la pietà. GENNARO Forse, forse una morte più orrenda La tua destra, o malvagia, mi dà. LUCREZIA In me fida GENNARO In te? LUCREZIA Sì, parti ... GENNARO Cruda! LUCREZIA Morto in te vuole il Duca un rivale. GENNARO O cimento! LUCREZIA Ei ritorna a svenarti. Bevi e fuggi. GENNARO Oh dubbiezza fatale! LUCREZIA Bevi e fuggi ... te'n prego, o Gennaro, Per tua madre, per quant'hai più caro, Bevi e parti, una goccia, ecc. GENNARO Che mai sento! e null'altro che morte, ecc. (Lucrezia si inginocchia; dopo un momento di vacillarzione, Gennaro prende la sua decisione: egli beve il contravveleno.) LUCREZIA Tu sei salvo! Oh supremo contento! ... Quindi involati ... affrettati ... va, Deh! fuggi, fuggi, va Gennaro, fuggi, va. GENNARO Ti punisca, s'è in te tradimento, Chi più speri che t'abbia pietà. (Lucrezia fa fuggire Gennaro per la porte segreta. Si presenta dal fondo Rustighello col Duca. Ella crida e cade sovra una sedia.) |
ACTO PRIMERO Escena primera (Una plaza en Ferrara. A un lado hay un palacio con balcón; debajo de éste hay un escudo de mármol, donde se lee BORGIA escrito en letras de bronce dorado. Al otro lado está la casa de Genaro con la puerta a la calle; sus ventanas están iluminadas por dentro. Es de noche. Alfonso y Rustighello entran, vistiendo largas capas) DUQUE ALFONSO En el cortejo veneciano, ¿le vistes? RUSTIGHELLO Y me puse a su lado, y le seguí como si fuera la sombra de su mismo cuerpo. (señalando la casa de Genaro) Aquella es su casa. DUQUE ALFONSO ¿Aquella? ¡Tan cerca del palacio ducal quiere tenerle Lucrecia! RUSTIGHELLO En él quisiera tenerlo, si no me engaño, para tenerlo al alcance de ese vil Gubetta y poder espiarle a gusto. DUQUE ALFONSO Si entra en él ya no saldrá vivo. (Se oyen voces y música que vienen de la casa de Genaro) ¿Oyes? RUSTIGHELLO Los amigos están de fiesta. VOCES ¡Viva! ¡Viva! RUSTIGHELLO Toda la noche les ha retenido en su casa ese joven alocado. VOCES ¡Viva! ¡Viva! RUSTIGHELLO De separarse al alba tienen costumbre. DUQUE ALFONSO Y la última alba es esta que surge para el osado; el último adiós que recibirá de sus amigos. VOCES ¡Viva! ¡Viva! ¡Viva! ¡Viva! DUQUE ALFONSO Ven: mi venganza he meditado y está lista; y él la asegura y adelanta con su ciega confianza. ¡Ah! Ven: mi venganza, etc. RUSTIGHELLO ¿Y si el noble Grimani se uniera a ellos a pesar nuestro? DUQUE ALFONSO Nunca por estos locos querrá desafiarme, no, no. Cualquiera que sea la suerte que nos reserve el destino, no se enfrentará conmigo el noble embajador. No siempre a los pueblos cerrada estuvo la fatal Laguna. Para un príncipe ultrajado se puede aún abrir. (La música de la casa de Genaro se escucha más fuerte, se apagan las luces) RUSTIGHELLO Toda la noche de fiesta. DUQUE ALFONSO Su última noche será. RUSTIGHELLO El último adiós será. DUQUE ALFONSO Sí. Cualquiera que sea la suerte, etc. (Se marchan, al tiempo que Orsini, Liverotto, Vitellozzo, Petrucci, Gazella, Gubetta y Genaro salen de la casa de este último, todos están alegres, excepto Genaro, que está pensativo. Gubetta permanece aparte) ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Adiós, Genaro. GENARO (muy serio) Adiós, nobles amigos. ORSINI ¿Y qué?... ¿Tan triste siempre debo verte? GENARO Ya no estoy triste. (para sí) ¡Pudiera si no verte, por lo menos serte de ayuda, oh madre! ORSINI Mil amables beldades esta noche estarán en la fiesta que ofrece la princesa Negroni. Si ella se hubiera olvidado de alguien, decídmelo, y yo repararé el error. GENARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Todos hemos sido invitados. GUBETTA (acercándose) Yo también lo he sido. LIVEROTTO. VITELLOZZO. PETRUCCI Y GAZELLA ¡Oh! ¡El señor Beverana! (Todos se acercan a Gubetta, excepto Genaro y Orsini) GENARO (a Orsini) ¡En todas partes está éste! Hace tiempo que de él sospecho. ORSINI (a Genaro) ¡Oh! No temas; es hombre alegre como nosotros, un poco loco. VITELLOZZO ¡Ea! ¡Vamos! Tan abatido no quiero verte, Genaro. LIVEROTTO ¿Te habrá, quizás, encantado la Borgia? GENARO ¿Siempre os oiré hablar de ella? Por el cielo, amigos, bromas no quiero. No existe hombre que aborrezca como yo a esa mujer. PETRUCCI Callad. Aquel es su palacio. GENARO Que lo sea. Quisiera estamparle en la frente la infamia, que estoy dispuesto a grabar en aquellos muros donde esta escrito "Borgia" (Sube un escalón y, con la punta del puñal, desprende la "B" de "Borgia".) LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¿Qué haces? GENARO Leed ahora. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZZELLA ¡Oh! ¡Caramba! ¡ORGÍA! GUBETTA Es una broma que mañana a muchos puede costar cara. GENARO Si al culpable piden, a delatarme estoy dispuesto. (Detrás se vislumbran dos hombres vestidos de negro) ORSINI Nos espían. Separémonos. TODOS Adiós. (Genaro regresa a su casa y los otros se separan. Entran Astolfo y Rustighello) RUSTIGHELLO ¿Qué haces aquí? ASTOLFO Que te marches, espero. Y tú ¿qué haces? RUSTIGHELLO Que dejes el campo libre espero. ASTOLFO ¿Con quién la tienes tomada? RUSTIGHELLO Con el joven extranjero que vive aquí; y tú ¿con quién? ASTOLFO Con el joven extranjero... RUSTIGHELLO ¿Con aquél? ASTOLFO .... que también vive aquí. RUSTIGHELLO ¿A dónde quieres llevarlo? ASTOLFO Con la duquesa. Y tú, ¿dónde? RUSTIGHELLO Al lado del duque. ASTOLFO ¡Oh! El camino... no es el mismo. RUSTIGHELLO Ni conduce a la misma suerte. ASTOLFO Uno a la fiesta... RUSTIGHELLO El otro a la muerte... ASTOLFO Uno a la fiesta... RUSTIGHELLO Otro a la muerte. RUSTIGHELLO Y ASTOLFO De los dos, ¿cual seguirá? Del más listo o el más fuerte la suerte dependerá. (Rustighello hace señas a la esquina de la calle y entra un pelotón de sicarios, que rodean a Astolfo.) RUSTIGHELLO Y SICARIOS Sin chistar, fuera de aquí; Ya has visto quién es el más fuerte. ¡Pobre de ti si una sombra de sospecha en él infundes! Sabes que aquí sólo uno manda. Es ley su voluntad, etc. ASTOLFO Lo sé, Pero ¿y el furor de la duquesa... RUSTIGHELLO Y SICARIOS Calla, y a ella... no la temas. ASTOLFO .... de la duquesa? RUSTIGHELLO Y SICARIOS Calla, y a ella... no, no la temas. A su nombre, a su fama, hizo el osado grave ofensa. ASTOLFO Hizo el osado grave ofensa. RUSTIGHELLO Y SICARIOS Desea vengarse el duque: impedirlo es una locura. ASTOLFO Cierto, cierto, una locura. RUSTIGHELLO Y SICARIOS Si obrar quieres con prudencia, debes ceder, irte, callar. ASTOLFO Me voy, sí... lo que ahora pase... será vuestro problema, no el mío. RUSTIGHELLO Y SICARIOS ¡Vete!... ASTOLFO Me voy, sí... RUSTIGHELLO Y SICARIOS ... ¡Vete!... ASTOLFO ... me voy, sí.... RUSTIGHELLO Y SICARIOS ¡Vete! Debes ceder, irte, callar. Si obrar quieres con prudencia, etc. ASTOLFO Será vuestro problema, etc. (Astolfo se va. Rustighello y los sicarios fuerzan la puerta de la casa de Genaro) Escena segunda (Una habitación en el palacio ducal. Una gran puerta al fondo. A la derecha, una vidriera. A la izquierda una puerta secreta. Una mesa en el centro, cubierta de terciopelo. Alfonso entra con Rustighello) DUQUE ALFONSO ¿Todo cumpliste? RUSTIGHELLO Todo. El prisionero cerca de aquí espera. DUQUE ALFONSO Ahora escucha. En la sala secreta, al pie de la estatua de mi abuelo, unos armarios escondidos abre esta llave. Allí verás una jarra de plata y otra de oro. Lleva las dos a la sala contigua; que no te tiente la jarra de oro: es de vino de los Borgia. (Rustighello intenta irse) Espera. Manténte armado cerca de la puerta. Si te llamo, trae las jarras; si otra señal escuchas, ven con la espada desnuda. CRIADO (desde la puerta) La duquesa. DUQUE ALFONSO (a Rustighello) Rápido. (Rustighello se va; entonces a través de las puertas de cristal, se le ve pasando de un lado a otro. Entra Lucrecia.) DUQUE ALFONSO ¿Estás turbada? LUCRECIA A vuestro lado me guía la venganza un delito increíble, infame, a denunciaros vengo. Hay en Ferrara alguien que de vuestra esposa en pleno día ultraja el nombre, y mutilarlo osa. DUQUE ALFONSO Lo sé. LUCRECIA ¿Y no lo castigas? ¿Y soportas, Alfonso, que viva? DUQUE ALFONSO Enseguida será traído a nuestra presencia. LUCRECIA Sea quien sea quiero que muerte reciba delante de mí; y la sagrada palabra ducal a vuestro amor yo pido. DUQUE ALFONSO Y sagrada la doy. (al criado) ¡El prisionero! (El criado sale. Entra Genaro, desarmado, entre los guardias) LUCRECIA (para sí, turbada al verlo) ¡Qué veo! DUQUE ALFONSO (con una sonrisa) ¿Le conocéis? LUCRECIA (para sí) ¡Oh cielos! ¡Genaro! ¡Ay! ¡Qué fatalidad! GENARO Vuestra alteza, duque, me hizo salir de mi casa a la fuerza por gente armada. ¿Puedo preguntar por qué he merecido este extremado rigor? DUQUE ALFONSO ¡Capitán, acercaos! LUCRECIA (para sí) ¡Estoy helada, tiemblo! DUQUE ALFONSO Un temerario ha osado de día, del palacio ducal, con mano profana mancillar el augusto nombre de "Borgia". Hemos buscado el culpable. LUCRECIA Éste no es. DUQUE ALFONSO ¿Cómo lo sabéis? LUCRECIA (rápidamente) Esta mañana estaba en otra parte. Alguno de sus amigos habrá cometido el delito. GENARO No es verdad. DUQUE ALFONSO ¿Le oís? Sed sincero y decid si sois el culpable. GENARO No estoy acostumbrado a mentir; porque más que la vida misma estimo mi honor. Duque Alfonso, lo confieso yo soy el culpable. LUCRECIA (para sí) ¡Ay! ¡Mísera de mí! DUQUE ALFONSO (a Lucrecia, en voz baja) Os di mi ducal palabra. LUCRECIA Unos instantes en privado yo quiero hablaros, Alfonso. (Para sí) ¡Ay! ¡Ayúdame, oh cielos! (A una señal del duque, Genaro es llevado fuera.) DUQUE ALFONSO Estamos solos. ¿Qué queréis? LUCRECIA Os pido, señor, de este joven salvar la vida. DUQUE ALFONSO ¿Cómo? ¿Y vuestro rigor? ¿Vuestra ira tan pronto ha desaparecido? LUCRECIA (persuasivamente) Fue un capricho. ¿De qué sirve que muera? ¡Tan joven! ¡Yo le perdono! DUQUE ALFONSO Mi palabra os di, señora, a mi palabra jamás faltaré. LUCRECIA Pero, duque... DUQUE ALFONSO Jamás. LUCRECIA Escuchad... DUQUE ALFONSO Jamás. LUCRECIA (controlándose) Don Alfonso, ¡un favor tan pequeño negáis a la soberana... a la esposa! DUQUE ALFONSO El que os ha ofendido no deber irse impune. Me habéis pedido su muerte, y yo lo juré. LUCRECIA Perdonemos: seamos clementes. DUQUE ALFONSO No. LUCRECIA La clemencia es virtud de reyes. DUQUE ALFONSO Lo he jurado. LUCRECIA ¡Ah! Perdonemos, seamos clementes. ¡Ah! La clemencia es virtud de reyes, etc. DUQUE ALFONSO ¡ No! ¡Jamás! ¡Lo he jurado... no! ¡Lo he jurado... no! Lo he jurado, caerá, sí, caerá, sí. No, no puedo, no, no puedo. LUCRECIA ¿Qué cosa tan horrible ha hecho Genaro, Alfonso querido? DUQUE ALFONSO (irrumpiendo) ¿Quién? Tú. LUCRECIA ¿Yo? ¿Qué decís? DUQUE ALFONSO ¡Tú le amas, sí, tú le amas! LUCRECIA (para sí) ¡Qué oigo! DUQUE ALFONSO A Venecia le seguiste. LUCRECIA (para sí) ¡Ah! ¡Santo cielo! DUQUE ALFONSO Sí, tú le amas y le seguiste. LUCRECIA ¿Yo? DUQUE ALFONSO Incluso ahora en tu rostro se lee la pasión que has nutrido. LUCRECIA ¡Don Alfonso! DUQUE ALFONSO ¡Calla! LUCRECIA Os lo juro, ¡ah!, lo juro... DUQUE ALFONSO No te manches con un nuevo perjurio. LUCRECIA No. DUQUE ALFONSO Le amas y a Venecia le seguiste. LUCRECIA ¡Don Alfonso! DUQUE ALFONSO Ya es hora de que tome de mis ofensas terrible venganza; y terrible en este instante sobre tu cómplice infame caerá. LUCRECIA (arrodillándose) ¡Gracia, ah, gracia, Alfonso, piedad! DUQUE ALFONSO Quiero muerto al indigno. LUCRECIA ¡Por piedad! DUQUE ALFONSO Ya no siento piedad, no siento piedad. LUCRECIA ¿No sientes piedad? ¿No? DUQUE ALFONSO No. LUCRECIA ¿No? (levantándose) ¡Oh! ¡Ten cuidado, piensa en ti mismo, don Alfonso, mi cuarto marido! Mucho me has visto llorar, está demasiado herido mi corazón. Al dolor sucede la ira, y la Borgia podría hacer que te arrepintieras. Cuidado, cuidado, Alfonso, cuidado, ¡podría hacer que te arrepintieras! DUQUE ALFONSO (irónicamente) Te conozco. Aunque quisiera, nunca podría olvidar quién eres; ¡más tu piensa que el duque soy yo, que en Ferrara en mi mano estás! Te dejo escoger si debe morir envenenado o por la espada. Piensa si debe por la espada morir. Escoge. LUCRECIA (fuera de sí) ¡Dios mío! DUQUE ALFONSO Escoge. LUCRECIA ¡Dios poderoso! ¡Oh! ¡Ten cuidado, piensa en ti mismo, don Alfonso, mi cuarto marido!, etc. DUQUE ALFONSO Te conozco, te conozco. ¡más tu piensa que el duque soy yo! ¡Vete... aquí mismo debe morir! ¡Calla! Vete, vete. ¡Aquí mismo debe morir, escoge si debe morir envenenado o por la espada. (disponiéndose a marchar) Que sea ejecutado. LUCRECIA ¡Ay! Espera. DUQUE ALFONSO Que muera. LUCRECIA ¡No cometas tan negro delito! DUQUE ALFONSO Escoge, escoge. LUCRECIA ¡Ah! ¡Que no muera por la espada! DUQUE ALFONSO Sé prudente: estaré a tu lado, no abrigues ninguna esperanza. (Hace señas para que venga Genaro) LUCRECIA Al infeliz a su suerte abandono. ¡Hombre cruel! ¡Me siento morir! (Cae sobre una silla. Genaro es introducido por los guardias) DUQUE ALFONSO (a Genaro) A los ruegos de la duquesa, que olvida vuestra culpa, es necesario que yo ceda, y os doy la libertad. LUCRECIA (para sí) ¡Oh! ¡Cómo finge! DUQUE ALFONSO Sois tan valiente que no quiero privar de vuestra valentía al Adriático e Italia a un mismo tiempo. GENARO Lo mejor que sé, señor, os doy las gracias. LUCRECIA (para sí) ¡Pérfido! GENARO Además, ya que puedo decirlo sin temer que se considere una cobardía... la gracia cae sobre un hombre que la merece. DUQUE ALFONSO ¿Cómo? GENARO De vuestra alteza el padre, rodeado de enemigos, habría muerto, si escudo y ayuda no le hubiera prestado un aventurero. DUQUE ALFONSO ¿Y aquél sois vos? LUCRECIA (levantándose) ¿Le salvaste la vida? GENARO Es cierto. LUCRECIA (para sí) ¡Duque! DUQUE ALFONSO (para sí) La indigna tiene esperanzas. LUCRECIA (para sí) ¡Si cambiara! DUQUE ALFONSO (para sí) Es inútil. (a Genaro) ¿Seguir mis estandartes querríais, capitán? GENARO Al gobierno véneto me ata un nudo eterno, y sagrado es el juramento. DUQUE ALFONSO (mirando a Lucrecia) Lo sé. LUCRECIA (para sí) ¡Dios mío! DUQUE ALFONSO (A Genaro) Lo sé. (ofreciendo una bolsa) Este oro entonces, ¡eh! GENARO Ya recibo bastante de mis amos. DUQUE ALFONSO Al menos, como es antiguo uso entre nosotros, beber una copa amistosa espero que no os agravie. GENARO Para mí, un honor supremo será este, señor... DUQUE ALFONSO Mi esposa será un gentil copero para nosotros. LUCRECIA (para sí) ¡Esto es peor que la muerte! (Se levanta para escaparse) DUQUE ALFONSO (cogiendo a Lucrecia por la mano) ¡Venid conmigo, duquesa! (haciendo una señal a Rustighello) ¡Ya! (en vez baja, a Lucrecia) ¡Ay de ti si haces un gesto, si dices una sola palabra! Este hombre no debe salir vivo de mi presencia. LUCRECIA (a Alfonso) ¡Oh! Si supieras a qué... DUQUE ALFONSO Calla. LUCRECIA ... atroz acto me obligas... DUQUE ALFONSO Calla. LUCRECIA ... por muy fiero que seas, te causaría tanto horror como a mí. ¡Oh! Si supieras a qué acto atroz, etc. ¡Ah, por piedad! ¡Ah no, por piedad! ¡Ay!, no existe un monstruo igual, no hay mayor delito, no, no, te causaría tanto horror, etc. GENARO (para sí) Para mí tan benignos no los creía; merecer su perdón un sueño me parece. ¡Madre! Debe de ser gracias a tus plegarias, etc. DUQUE ALFONSO (a Lucrecia) ¡Ay de ti si haces un gesto! Etc. Vierte el licor, ya te he conocido. Extraña resulta en ti la angustia, etc. No debe salir vivo de mi presencia. (Rustighello trae dos jarras de vino una de plata y otra de oro) DUQUE ALFONSO (Lucrecia sirve de la jarra de plata) ¡Bebamos! GENARO Atónito estoy por semejante honor. DUQUE ALFONSO A vuestra salud, duquesa. LUCRECIA (para sí) ¡El bárbaro! DUQUE ALFONSO (A Lucrecia) La jarra de oro. LUCRECIA (para sí) ¡Dios mío! (Lucrecia sirve de la jara de oro) DUQUE ALFONSO (dándole la copa a Genaro) El cielo os asista, Genaro. GENARO Igualmente favorable os sea. (Beben) LUCRECIA (a Alfonso) Vete, no hay en el mundo peor monstruo que tú. GENARO (para sí) ¡Madre! Mi buena suerte se debe a tus plegarias. DUQUE ALFONSO (a Lucrecia en voz baja) ¡Tiembla por ti, perjura! Él es la primera víctima. (A Lucrecia levantando la voz) Ahora, duquesa, a vuestro gusto podéis retenerle o bien despedirlo (El duque se marcha con Rustighello) LUCRECIA (para sí) ¡Oh! ¡Qué ocasión! GENARO (inclinándose) Señora, recibid las gracias de un corazón agradecido. LUCRECIA (Se asegura de que el duque se ha ido, después corre hacia la parte delantera de la escena, coge a Genaro y le dice:) ¡Infeliz! ¡Bebiste el veneno! GENARO ¡Ah! LUCRECIA No digas nada, caerías muerto. GENARO ¿Cómo? LUCRECIA (le da una botellita con un antídoto) Toma y vete. Una gota, sólo una, de este fármaco te salvaría la vida. Escóndelo, rápido, vuela, te acompañe del cielo la piedad... GENARO ¡Qué oigo! LUCRECIA ...te acompañe del cielo la piedad. GENARO ¿Qué oigo? ¡Nada más que muerte podía esperar en tu corte! Un genio malo me vendó los ojos, y me inspiró una fatal confianza. LUCRECIA No, Genaro, bebe y marcha. GENARO Quizás, quizás una muerte mas atroz tu mano, malvada, me está dando. LUCRECIA ¡Ay! ¡Deprisa! ¡Ah! ¡Te acompañe del cielo la piedad! GENARO Quizás una muerte más atroz tu mano, malvada, me da. LUCRECIA Créeme. GENARO ¿Creerte? LUCRECIA Sí, vete. GENARO ¡Mujer malvada! LUCRECIA El duque piensa que eres su rival y quiere verte muerto. GENARO ¡Vaya situación! LUCRECIA Él volverá para matarte. Bebe y vete. GENARO ¡Oh duda fatal! LUCRECIA Bebe y vete, te lo ruego, Genaro, por tu madre, por lo más querido. Bebe y vete, una gota, etc. GENARO ¡Qué estás diciendo! Nada más que muerte, etc. (Lucrecia se arrodilla; después de un momento de vacilación, Genaro se decide y bebe el antídoto) LUCRECIA ¡Estás salvado! ¡Oh, suprema alegría! ¡De aquí huye! ¡Ve! Vete, vete. Vete, Genaro, vete. GENARO ¡Que te castigue, si es una traición, quien más esperes que se apiade de ti! (Lucrecia guía a Genaro hacia la puerta secreta consiguiendo que huya; Alfonso y Rustighello entran por el fondo. Lucrecia grita y cae sobre una silla.) |
ATTO SECONDO Scena prima (Piccola cortile che mette alla casa di Gennaro. Una finestra della casa è illuminata. È notte. Rustighello ed un gruppo di scherani entrano cercando) RUSTIGHELLO E CORO DI SCHERANI Rischiarata è la finestra. In Ferrara egli è tuttora. La fortuna al Duca è destra: Del rival vendetta avrà. Inoltriam: propizia è l'ora ... Buio è il cielo ... alcun non v'ha ... Nessun non v'ha. (Si avvicinano alla casa di Gennaro, odono rumore, e si arrestano.) Ma ... silenzio ... un mormorio ... Un bisbiglio s'è levato ... È di gente un calpestio Più distinto udir si fa. Là in disparte, là in agguato Chi è s'esplori, e dove va. (Si allontanano. Orsini bussa alla porta di Gennaro. Egli apre ed esce.) GENNARO Sei tu? ORSINI Son io. Venir non vuoi, Gennaro, dalla Negroni? Ogni piacer m'è scemo nol dividi tu. GENNARO Grave cagione a te mi toglie. Per Venezia io parto fra pochi istanti. ORSINI E me qui lasci? ... E uniti fino alla morte Non giurammo entrambi Essere in ogni evento? GENNARO È ver. ORSINI Mi tieni così tua fede, com'io la tengo? GENNARO E tu vien meco. ORSINI All'alba attendi, e vengo. Al geniale invito mancar non posso. GENNARO Oh! Questa tua Negroni m'è di sinistro auspicio ... ORSINI E a me piuttosto il tuo partir Così notturno e solo ... così pensoso e mesto. Resta, resta, Gennaro. GENNARO Odi ... e se il chiedi, io resto. Minacciata è la mia vita ... Alla morte io son qui presso. ORSINI Che s'insidia? A me lo addita. Chi è costui? (Appaiono le ombre di Rustighello ed i suoi scherani) GENNARO Parla sommesso. (Gennaro parla all'orecchio d'Orsini, e questo ride.) ALCUNI SCHERANI (a Rustighello) Ci par tempo ... RUSTIGHELLO E GLI ALTRI SCHERANI No: s'aspetti. RUSTIGHELLO E SCHERANI L'importuno partirà. ORSINI Ah! GENNARO Taci. ORSINI ¡Ah! GENNARO Taci, taci, incauto. ORSINI (ride) Nè d'inganni tu sospetti? Quale in te credulità! GENNARO Taci incauto. ORSINI Ah! Gennaro, quale in te credulità! GENNARO Taci, taci. ORSINI Non sospetti? GENNARO Incauto! ORSINI Sconsigliato! Quale incredulità! Non sai tu di donna l'arti? Onde a lei ti mostri grato Ella ha finto di salvarti. Di veleni che ragioni? Dove fondi il tuo timor? Gentil donna è la Negroni; Uom è il Duca d'alto cor. GENNARO Tu conosci, appien tu sai Se codardo io fui giammai, Se un istante in faccia a morte Mai fu scemo il mio valor. ORSINI Gentil dama è la Negroni; Uomo è il Duca d'alto cor. GENNARO Pure adesso in questa Corte M'è di guai presago il cor. ORSINI Va, se vuoi: tentar m'è caro, Afferrar la mia ventura. GENNARO Addio, Orsini. ORSINI Addio, Gennaro. GENNARO Veglia a te. ORSINI Ti rassicura. (Si abbracciano e si dividono, poi tornano ad abbracciarsi.) GENNARO Ah! non posso abbandonarti! ORSINI Ah! non io lasciar ti vo! GENNARO No, no. ORSINI No, no. GENNARO Al festin vo' seguitarti. ORSINI Teco all'alba partirò. (Si tengono per mano.) ORSINI E GENNARO Sia qual vuolsi il tuo destino, Esso è mio: lo giuro ancora. ORSINI Mio Gennaro! GENNARO Caro Orsino! ORSINI E GENNARO Teco sempre ... o viva, o mora. Qual due fiori a un solo stelo, Qual due fronde a un ramo sol, ORSINI Noi vedremo sereno il cielo. GENNARO O saremo curvati al suol. (Si abbracciano.) ORSINI Ah! mio Gennaro! sempre insieme, O saremo curvati al suol. Mio Gennaro! sempre insieme, o viva, o mora. GENNARO Caro Orsino! sempre insieme, O saremo curvati al suol. Caro Orsino! sempre insieme, o viva, o mora. Al festino. ORSINI Sì e parti no. Oh mio Gennaro! ah! ah! Sia qual vuolsi il tuo destino, ecc GENNARO Oh caro Orsino! ah! ah! Sia qual vuolsi il tuo destino, ecc (Partono. Ritornano gli Scherani, Rustighello li trattiene.) RUSTIGHELLO Nol seguite. SCHERANI A noi s'invola. RUSTIGHELLO Nol seguite. Stolti! Ei corre alla Negroni. SCHERANI Basta allora, basta allora. RUSTIGHELLO Stolti! al laccio ei corre. SCHERANI Non v'ha dubbio: al ver t'apponi. RUSTIGHELLO E GLI SCHERANI È tenace, è certo l'amo, Che gettato al cieco è là In si lasci: ritorniamo: Di ferir mestier non fa. È tenace, è certo l'amo, ecc. (Partono.) Scena seconda (Sala nel palazzo Negroni illuminata e addobbata per festivo banchetto. In un tavolo riccamente servita sta il principessa Negroni, accompagnata per varie donne lussuosamente vestite; anche stanno presente Orsini, Liverotto, Vitellozzo, Gazella e Petrucci, ognuno di essi con una donna al lato. Gubetta e Gennaro si sentono in lati opposti del tavolo ) LIVEROTTO Viva il Madera! viva! viva! VITELLOZZO Evviva il Reno che scalda e avviva! GAZELLA Dei vini il Cipro è re. PETRUCCI I vini, per mia fè, son tutti buoni. LIVEROTTO Viva il Madera! PETRUCCI E GAZELLA Viva! VITELLOZZO Viva il Reno! LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Viva! Viva! GAZELLA Il Cipro. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA ¡Viva! ¡Viva! ORSINI Io stimo quel che brilla, Siccome la scintilla, Che desta il Dio d'amor Nell'occhio seduttor Della Negroni. LIVEROTTO E VITELLOZZO Viva la Negroni! ORSINI, PETRUCCI E GAZELLA Viva! LIVEROTTO E VITELLOZZO Viva il Madera! TUTTI Viva! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Benedetto, a lei si tocchi! Si beva a' suoi begl'occhi! Amore la formò, Ciprigna il lei versò Tutti i suoi doni. Si tocchi! Si tocchi! Viva, Viva la Negroni! viva! (Tutti prendono i suoi bicchieri, brindano e Bevono.) GUBETTA (fra sè, s'alza) Ebbri son già: convien tentar che resti in soli. GENNARO (fra sè, si allontana) Noiato io sono. ORSINI Ebbene? Gennaro, a noi t'involi? Odi il novello brindisi da me composto un giorno. GUBETTA (ridendo) Ah! ah! ORSINI Chi ride? GUBETTA Ridono quanti ci sono intorno. ORSINI Come? GUBETTA (beffeggiandolo) Ah! ah! ah! l'esimio lirico! ORSINI M'insulteresti tu? GUBETTA S'egli è insultarti il ridere, Far nol poss'io di più, (ride) Ah, ah, ah! ORSINI (ridendo) M'insulti? GUBETTA Ah, ah, ah! ORSINI (alzandosi) Marrano di Castiglia! GUBETTA Scheran trasterverino! (Orsini afferra un coltello.) DAME Cielo! costui si battono! LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA (trattenendo Orsini) Che far? t'acqueta, Orsino. DAME Fuggiam, fuggiam di qua. (Le dame fuggono.) ORSINI Marrano! GUBETTA Trasteverino! LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA T'acqueta. ORSINI E GUBETTA Io ti darò, balordo, Un tal di me ricordo, Che temperante e sobrio Per sempre ti farà, ecc. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Finitela, cospetto! All'ospite rispetto ... O tutta quanta accorrere Farete la città. GENNARO Finitela, cospetto! All'ospite rispetto ... Olà! Olà! O tutta quanta accorrere, ecc. LIVEROTTO Pace, pace per ora ... VITELLOZZO Avrete il tempo di battervi Doman da cavalieri, Non col pugnal come assassin di strada. ORSINI, GENNARO E GUBETTA È ver. GENNARO Ma delle nostre spade che femmo noi? ORSINI Le abbiam disposte fuori. GENNARO, PETRUCCI, GUBETTA E GAZELLA Non ci pensi più. GUBETTA Beviam, signori. GAZELLA Ma intanto sbigottite ci han lasciate le dame. GUBETTA Torneranno: ed ultimamente chiederemo scusa. (Un domestico, vestito di nero, serve bibita da una bottiglia) UN COPPIERE Via di Siracusa. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA E GUBETTA Ottimo per mia fè! (Versano e bevono tutti. Gubetta versa il bicchiere dietro le spalle.) GENNARO (a Orsini) Maffio, vedesti? lo Spagnuolo non beve. ORSINI (a Gennaro) Che importa? È naturale: ebbro esser deve. GUBETTA (barcollando) Or, se gli piace, amici, può schiccherar Orsin Versi a sua posta, perchè poeta ognun faria tal vino. ORSINI Sì: a tuo dispetto. GLI ALTRI Una ballata, Orsino. ORSINI Il segreto per esser felici So per prova e l'insegno agli amici Sia sereno, sia nubilo il cielo, Ogni tempo, sia caldo, sia gelo, Scherzo e bevo, e derido gl'insani Che si dan del futuro pensier. Non curiamo l'incerto domani, Se quest'oggi n'è dato a goder. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA E GUBETTA Sì, non curiamo l'incerto domani, Se quest'oggi n'è dato a goder, n'è dato goder, ecc. ORSINI Se quest'oggi n'è dato a goder, ecc. (Odesi tocco di campana) VOCE (di dentro) La gioia de' profani è un fumo passaggier. CORO (di dentro) La gioia de' profani è un fumo passaggier. GENNARO Quai voci! ORSINI Alcun si prende gioco di noi. TUTTI Chi mai sarà? ORSINI Scommetto che delle dame Una malizia è questa. GLI ALTRI Un'altra strofa, Orsino. ORSINI La strofa è presta. Profittiamo degl'anni fiorenti, Il piacer li fa correr più lenti; Se vecchiezza con livida faccia Stammi a tergo e mia vita minaccia, Scherzo e bevo, e derido gl'insani che si dan del futuro pensier, ah. Non curiamo l'incerto domani, se quest'oggi n'è dato goder. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA E GUBETTA Sì, non curiamo, l'incerto domani, se quest'oggi n'è dato goder, n'è dato goder, ecc. ORSINI Se quest'oggi n'è dato goder, ecc. (Odesi tocco di campana di nuovo) CORO (di dentro) La gioia de' profani è un fumo passaggier. (Si spengono le faci.) ORSINI Gennaro! ... GENNARO Maffio! Vedi? Si spengono le faci. ORSINI A farsi grave incomincia lo scherzo. TUTTI (meno Gubetta) Usciam. Son chiuse tutte le porte! Ove siam noi venuti? (S'apre la porta del fondo, e si presenta Lucrezia vestita tutta in nero, con gente armata.) LUCREZIA Presso Lucrezia Borgia. ORSINI, GENNARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA (con orrore) Ah! siam perduti! LUCREZIA Sì, son la Borgia. Un ballo, un tristo ballo voi mi deste in Venezia: Io rendo a voi una cena in Ferrara. ORSINI, GENNARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Oh, noi traditi! LUCREZIA Voi salvi ed impuniti credeste invano: Dell'ingiuria mia piena vendetta ho già: Cinque son pronti strati funebri Per coprirvi estinti, poichè il veleno a voi temprato è presto. GENNARO (avanzandosi) Non bastan cinque: avvi mestier del sesto. LUCREZIA (sbigottita) Gennaro! ... o ciel! ... GENNARO Perire io saprò cogli amici. LUCREZIA (ai soldati) Ite: chiudete tutte le sbarre, E per rumor che ascolti, Nessuno in questa sala entrar s'attenti. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Gennaro! ... GENNARO Amici! Amici! LUCREZIA (agli amici di Gennaro) Uscite. ORSINI, GENNARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI E GAZELLA Oh, noi dolenti! (Gli amici di Gennaro sono condotti fuori per i guardia di Lucrezia, rimanendo nella sala Lucrezia e Gennaro.) LUCREZIA Tu pur qui? non sei fuggito? Qual ti tenne avverso fato? GENNARO Tutto, tutto ho presentito. LUCREZIA Sei di nuovo avvelenato. GENNARO (cava l'ampolla del contravveleno) Ne ho il rimedio ... LUCREZIA Ah! mel rammento, ah! grazie al ciel ne do. GENNARO Cogli amici io sarò spento, O con loro li partirò! LUCREZIA (osservando l'ampolla) Ah! per te fia poco ancora, Ah! non basta per gli amici ... GENNARO Non basta? ... LUCREZIA No ... GENNARO Non basta? ... LUCREZIA No ... GENNARO Allor, signora, morrem tutti. LUCREZIA Ah! che mai dici? GENNARO Voi primiera di mia mano Preparatevi a morir. LUCREZIA Io? ... Gennaro! GENNARO Sì. LUCREZIA Ascolta, insano ... GENNARO (prende un coltello sulla tavola) Fermo io sono. LUCREZIA (sbigottita, fra sè) Che far? che dir? GENNARO Preparatevi. LUCREZIA Spietato! Me ferir? svenar potesti? GENNARO Sì, lo posso: son disperato: Tutto, tutto, mi togliesti. Non più indugi. LUCREZIA Ah! ferma, ferma. GENNARO Preparati. LUCREZIA Gennaro! ... GENNARO (risoluto) Preparati. LUCREZIA Ferma ... Ah! ... un Borgia sei ... GENNARO (gli cale il coltello) Io? LUCREZIA Fur tuoi padri i padri miei ... Ti risparmia un fallo orrendo ... Il tuo sangue non versar. GENNARO Son un Borgia? (piangendo) Oh ciel! che intendo! ... LUCREZIA Ah! di più non domandar. M'odi, ah m'odi ... io non t'imploro Per voler serbarmi in vita! Mille volte al giorno io moro, Mille volte in cor ferita ... Per te prego ... ah! teco almeno Ah! non voler incrudelir. Bevi ... bevi ... il rio veleno Ah! t'affretta, deh! t'affretta a prevenir. GENNARO Son un Borgia! LUCREZIA Il tempo vola. Deh! cedi, cedi, Deh! t'affretta il veleno a prevenir ... GENNARO Giusto cielo! LUCREZIA Deh! cedi, il tempo vola. Ah! t'affretta il veleno a prevenir ... Bevi, sì, Gennaro, bevi ... Deh! t'affretta il veleno a prevenir ... GENNARO (come ascoltando) Maffio muore. LUCREZIA Cedi ... per tua madre! GENNARO Va: Tu sola sei cagion del suo dolore. LUCREZIA No, no: Gennaro ... GENNARO L'opprimesti ... LUCREZIA Nol pensare. GENNARO Di lei che festi? LUCREZIA Vive ... ah vive ... e a te favella Col mio duol, col mio terror. GENNARO Ciel! tu forse! LUCREZIA Ah! sì, son quella. GENNARO Tu! ... gran Dio! ... mi manca il cor ... (Cade sopra una sedia.) LUCREZIA Figlio! ... figlio! ...Olà! Qualcuno! ... accorrete! ... Aita! ... aita! ... Niun m'ascolta ... è lunge ognuno. Dio pietoso, il serba in vita ... GENNARO Cessa ... è tardi ... Io manco, io gelo ... LUCREZIA Me infelice! GENNARO Ho agl'occhi un velo ... LUCREZIA Mio Gennaro, un solo accento ... Uno sguardo per pietà ... GENNARO Madre, io moro ... ah! io moro! (Spira.) LUCREZIA (con orrore) È spento ... è spento! ... (Si sente rumore e calpestio) Figlio! ... è spento! ... ah! figlio! ... (Le porte di aprono. Alfonso entra con Rustighello, seguito di guardie e donne.) DUCA Dov'è desso? dov'è? LUCREZIA Desso! (additando Gennaro estinto) Miralo. DUCA E CORO Ah! LUCREZIA Era desso il figlio mio, La mia speme, il mio conforto ... Ei potea placarmi Iddio ... Mi parea far pura ancor ... Ogni luce in lui m'è spenta ... Il mio cuore con esso è morto. Sul mio capo il cielo avventa Il suo strale punitor. CORO Rio misero! orribil caso! ah! LUCREZIA Ah! era desso il figlio mio, ecc sul mio capo avventa il suo strale punitor, ecc. CORO Si soccorra ... ella muor. ecc. (Lucrezia sviene in braccio alle damigelle.) FINE |
ACTO SEGUNDO Escena primera (Pequeño patio delante de la casa de Genaro. Una ventana de la casa está iluminada. Es de noche. Rustighello y sus sicarios entran buscando) RUSTIGHELLO Y SICARIOS La ventana está iluminada, todavía está en Ferrara. La suerte es favorable al duque: de su rival se vengará. Avancemos: la hora es propicia, está oscuro... no hay nadie... no hay nadie. (Se aproxima hacia la casa de Genaro, oyen un ruido y se detienen un instante) Pero... silencio... un murmullo, un susurro puede oírse, pisadas de gente más claras se oyen. Allá, aparte, al acecho miremos quién es y adónde va (Se alejan. Orsini llama a la puerta de Genaro. Este abre y sale) GENARO ¿Eres tú? ORSINI Soy yo. ¿No vienes, Genaro, a casa de la Negroni? Todo placer se desvanece si tú no estás GENARO Grave razón de ti me aleja. Parto para Venecia dentro de pocos instantes. ORSINI ¿Y me dejas aquí? ¿Unidos hasta la muerte, no juramos los dos estar en todo momento? GENARO Es verdad. ORSINI Cumple tu palabra como yo la cumplo. GENARO Ven tú conmigo. ORSINI Espera el día e iré contigo. Al banquete no puedo faltar. GENARO ¡Oh! Tu Negroni se me antoja un mal agüero. ORSINI Más me lo parece tu partida de noche y solitario, tan pensativo y triste. ¡Quédate, quédate, Genaro! GENARO Escúchame; si tú me lo pides me quedaré. Mi vida está amenazada, de la muerte aquí estoy cerca. ORSINI ¿Quién te amenaza? Dímelo. ¿Quién es? (Aparecen las sombras de Rustighello y sus sicarios) GENARO Habla bajo. (Genaro habla al oído de Orsini, y este se ríe) ALGUNOS SICARIOS (a Rustighello) ¿Es la hora? RUSTIGHELLO Y LOS OTROS SICARIOS No, esperemos. RUSTIGHELLO Y SICARIOS El importuno se marchará. ORSINI ¡Ah! GENARO Calla. ORSINI ¡Ah! GENARO Calla, calla. ¡Incauto! ORSINI (riendo) ¿No sospechas de ningún engaño? ¡Qué confiado eres! GENARO ¡Calla, incauto! ORSINI ¡Ah! ¡Genaro, qué confiado eres! GENARO Calla, calla. ORSINI ¿No sospechas? GENARO ¡Incauto! ORSINI ¡Infeliz! ¡Qué confiado eres! ¿No conoces las astucias femeninas? Para que se lo agradezcas ha fingido salvarte. ¿Qué hablas de venenos? ¿En qué basas tu temor? Gentil dama es la Negroni el duque es hombre de corazón. GENARO Tú lo sabes, bien sabes que jamás fui cobarde que jamás, frente a la muerte, desfalleció mi corazón. ORSINI Gentil dama es la Negroni el duque es hombre de corazón. GENARO Pero ahora, en esta corte mi corazón prevé desgracias. ORSINI Márchate si quieres; deseo aprovechar mi buena suerte. GENARO Adiós, Orsini. ORSINI Adiós, Genaro. GENARO Cuídate. ORSINI Tranquilízate. (Se abrazan y se separan; vuelven a abrazarse) GENARO ¡Ah! ¡No puedo abandonarte! ORSINI ¡Ah! ¡Dejarte no quiero! GENARO No, no. ORSINI No, no. GENARO Iré contigo al banquete. ORSINI Contigo al alba partiré. (Se cogen la mano) ORSINI Y GENARO Sea cual sea tu destino, será el mío, otra vez, lo juro. ORSINI ¡Genaro querido! GENARO ¡Querido Orsini! ORSINI Y GENARO Contigo siempre en vida o en muerte, como dos flores en un solo tallo, como dos hojas en una sola rama. ORSINI Miraremos tranquilos al cielo. GENARO O seremos abatidos al suelo. (Se abrazan) ORSINI ¡Ah! Genaro querido, siempre juntos, O seremos abatidos al suelo. ¡Genaro querido! Siempre juntos, en vida o en muerte GENARO Querido Orsini, siempre juntos, O seremos abatidos al suelo Querido Orsini, siempre juntos, en vida o en muerte. Al banquete. ORSINI Sí, y tu te quedarás ¡Oh, Querido Genaro! ¡Ah! ¡Ah! Sea cual sea tu destino, etc. GENARO ¡Oh querido Orsini! ¡Ah! ¡Ah! Sea cual sea tu destino, etc. (Parten. Vuelven los sicarios, Rustighello los detiene.) RUSTIGHELLO No los sigáis. SICARIOS Se nos escapa. RUSTIGHELLO No los sigáis. ¡Locos! ¡Va a casa de la Negroni! SICARIOS Está bien entonces, está bien. RUSTIGHELLO ¡Locos! A la trampa corre. SICARIOS No hay duda; es verdad. RUSTIGHELLO Y SICARIOS Es duro y seguro el anzuelo lanzado allí para el incauto. Dejémosle ir, volvamos, no necesitamos matarle. Es duro y seguro el anzuelo, etc. (Se van.) Escena segunda (Salón en el Palacio Negroni iluminada e adornada para un banquete. En una mesa ricamente servida está la princesa Negroni, acompañada por varias mujeres lujosamente vestidas; también están presentes Orsini, Liverotto, Vitellozzo, Gazella y Petrucci, cada uno de ellos con una mujer al lado. Gubetta y Genaro se sientan en lados opuestos de la mesa) LIVEROTTO ¡Viva el Madeira! ¡Viva! ¡Viva! VITELLOZZO ¡Viva el vino del Rin, que calienta y anima! GAZELLA De los vinos, el de Chipre es el rey. PETRUCCI Los vinos, a fe mía, son todos buenos. LIVEROTTO ¡Viva el Madeira! PETRUCCI Y GAZELLA ¡Viva! VITELLOZZO ¡Viva el vino del Rin! LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Viva! ¡Viva! GAZELLA ¡El de Chipre! LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Todos son buenos. ¡Viva, viva! ORSINI Me gusta el que brilla como una alegre chispa, que despierta al dios del amor en el ojo seductor de la Negroni. LIVEROTTO Y VITELLOZZO ¡Viva la Negroni! ORSINI, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Viva! LIVEROTTO Y VITELLOZZO ¡Viva el Madeira! TODOS ¡Viva! ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA Bien dicho. ¡Brindemos por ella! ¡Bebamos por sus hermosos ojos! El amor la modeló, sí. Venus en ella vertió todos sus dones. ¡Brindemos! ¡Brindemos! ¡Viva, viva la Negroni! ¡Viva! (Todos cogen sus vasos, brindan y beben.) GUBETTA (aparte, levantándose) Ya están ebrios; debo intentar que se queden solos. GENARO (aparte, alejándose) Estoy aburrido. ORSINI Y bien, Genaro, ¿nos dejas? Escucha el nuevo brindis que compuse hace algún tiempo. GUBETTA (riéndose) ¡Ah ¡Ah! ORSINI ¿Quién se ríe? GUBETTA Todos los presentes. ORSINI ¿Cómo? GUBETTA (burlándose) ¡Ah! ¡Ah, ah, el ilustre poeta! ORSINI ¿Te atreves a insultarme? GUBETTA Si riendo te insulto, ya no puedo insultarte más, (Ríe) ¡ah, ah, ah! ORSINI (riendo) ¿Me insultas? GUBETTA ¡Ah, ah, ah! ORSINI (Levantándose) ¡Marrano de Castilla! GUBETTA ¡Sicario trasteverino! (Orsini coge un cuchillo) DAMAS ¡Cielos! ¡Van a matarse! LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA (agarrando a Orsini por la espalda) ¿Qué haces? Tranquilízate, Orsini. DAMAS Huyamos, huyamos de aquí. (Las damas se van) ORSINI ¡Marrano! GUBETTA ¡Trasteverino! LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Tranquilízate! ORSINI Y GUBETTA ¡Te dejaré, atontado, uno de mis recuerdos que moderado y sobrio para siempre te hará ser!, etc. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Acabad ya, caramba! ¡Respetad a la huésped! Haréis que acuda la ciudad entera, etc. GENARO ¡Acabad ya, caramba! ¡Respetad a la huésped! ¡Eh! ¡Eh! Haréis que acuda la ciudad entera, etc. LIVEROTTO Paz, paz, por ahora. VITELLOZZO Tendréis tiempo mañana de batiros como caballeros, no con un puñal como asesinos callejeros. ORSINI, GENARO Y GUBETTA Es verdad. GENARO Pero nuestras espadas, ¿dónde están? ORSINI Las dejamos fuera. GENARO, PETRUCCI, GAZELLA Y GUBETTA No pensemos más en ellas. GUBETTA ¡Bebamos, señores! GAZELLA Mientras tanto, han asustado a las damas. GUBETTA Volverán, y humildemente les pediremos perdón. (Un criado, vestido de negro, sirve bebida de una botella.) CRIADO Vino de Siracusa. ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA Y GUBETTA ¡Óptimo, a fe mía! (Todos beben excepto Gubetta, que ha echado su vino por encima del hombro) GENARO (a Orsini) Maffio, ¿has visto? El español no bebe. ORSINI (a Genaro) ¿Qué importa? Es natural; debe de estar borracho. GUBETTA (tambaleándose) Ahora, si quiere, amigos, Orsini puede soltar versos a sus anchas, pues este vino a todos nos haría ser poetas. ORSINI Sí, a pesar tuyo. LOS OTROS Una balada, Orsini. ORSINI El secreto para ser felices yo sé y lo enseño a los amigos, esté sereno o nublado el cielo, sea el tiempo cálido o helado, bromeo, bebo y me río de los tontos que por el futuro están preocupados, ah. No pensemos en el incierto mañana, si hoy podemos gozar. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA Y GUBETTA Sí, no pensemos en el incierto mañana, Si hoy podemos gozar, podemos gozar, etc. ORSINI Si hoy podemos gozar, etc. (Se oye el sonido de una campana.) VOZ (desde dentro) La alegría de los impíos es humo pasajero. CORO (desde dentro) La alegría de los impíos es humo pasajero. GENARO ¡Qué voces son esas! ORSINI Alguien se burla de nosotros. TODOS ¿Quién puede ser? ORSINI Apuesto que de las damas es ésta una broma. LOS OTROS Otra estrofa, Orsini. ORSINI La estrofa ya está lista. Aprovechemos los años lozanos, el placer los hace más lentos; si la vejez con su lívido rostro está detrás y amenaza mi vida, bromeo, bebo y me río de los tontos que por el futuro están preocupados, ah. No pensemos en el incierto mañana, si hoy podemos gozar. LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA Y GUBETTA Si, no pensemos en el incierto mañana, Si hoy podemos gozar, podemos gozar, etc. ORSINI Si hoy podemos gozar, etc. (Se oye de nuevo un sonido de campana) VOCES (desde dentro) La alegría de los impíos es humo pasajero. (Se apagan las luces.) ORSINI ¡Genaro! GENARO ¡Maffio! ¡Mira! ¡Se apagan las luces! ORSINI La broma empieza a ser pesada. TODOS (excepto Gubetta) Salgamos. ¡Las puertas están cerradas! ¿Adónde hemos venido? (Se abre la puerta del fondo y entra Lucrecia vestida de negro, con hombres armados) LUCRECIA A casa de Lucrecia Borgia. ORSINI, GENARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA (horrorizados) ¡Ah! ¡Estamos perdidos! LUCRECIA Sí, soy la Borgia. Un baile, un triste baile me disteis en Venecia. Yo os doy una cena en Ferrara. ORSINI, GENARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Hemos sido traicionados! LUCRECIA Salvados e impunes os creísteis, pero en vano. De mi injuria ya estoy vengada; cinco ataúdes están preparados para acogeros muertos, porque el veneno que bebisteis es rápido. GENARO (adelantándose) No bastan cinco, se necesita un sexto. LUCRECIA (asombrada) ¡Genaro!... ¡Cielos!... GENARO Sabré morir con mis amigos. LUCRECIA (a sus guardias) Id, cerrad todas las puertas, y por muchos ruidos que se oigan, nadie en esta sala se atreva a entrar. ORSINI, LIVEROTTO,VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Genaro! GENARO ¡Amigos! ¡Amigos! LUCRECIA (a los amigos de Genaro) Salid. ORSINI, GENARO, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI Y GAZELLA ¡Oh! ¡Pobres de nosotros! (Los amigos de Genaro son conducidos fuera por los guardias de Lucrecia, quedando en la sala Lucrecia y Genaro) LUCRECIA ¿Tú aquí? ¿No has huido? ¿Qué hado adverso te entretuvo? GENARO Todo, todo lo había previsto. LUCRECIA Otra vez estás envenenado. GENARO (Saca el frasco con el antídoto) Tengo el remedio. LUCRECIA ¡Ah! ¡Ya me acuerdo, ah! Gracias doy al cielo. GENARO Moriré con mis amigos, ¡o con ellos partiré! LUCRECIA (mirando el frasco) ¡Ah! Incluso para ti aún es poco. ¡Ah! No basta para ellos. GENARO ¿No basta? LUCRECIA No. GENARO ¿No basta? LUCRECIA No. GENARO Entonces, señora, todos moriremos. LUCRECIA Oh cielos, qué oigo. GENARO Vos primera, por mi mano, disponeos a morir. LUCRECIA ¿Yo? ¡Genaro! GENARO Sí. LUCRECIA Escúchame, loco. GENARO (coge el cuchillo de encima de la mesa.) Estoy decidido. LUCRECIA (asombrada, para sí) ¿Qué debo hacer? ¿Qué puedo decir? GENARO ¡Preparaos! LUCRECIA ¡Despiadado! ¿Podrías herirme? ¿Matarme? GENARO Sí, lo puedo, estoy desesperado. Todo, todo me lo has quitado. No más demoras. LUCRECIA ¡Ah! Espera, espera. GENARO Prepárate. LUCRECIA ¡Genaro! GENARO (con resolución) Prepárate. LUCRECIA Espera. Ah, eres un Borgia. GENARO (le cae el cuchillo) ¿Yo? LUCRECIA Fueron tus padres los míos. No cometas un horrendo delito, no viertas tu misma sangre. GENARO ¿Soy un Borgia? (Sollozando) ¡Oh cielos! ¡Qué oigo! LUCRECIA ¡Ah! No me preguntes más. ¡Escúchame, no te imploro para salvar mi vida! Mil veces al día yo muero, mil veces en el corazón herida por ti ruego; contigo al menos, ¡ah!, no quieras ser cruel. Bebe, bebe, y el veneno, ah, apresúrate a neutralizar. GENARO ¡Soy un Borgia! LUCRECIA El tiempo vuela, ay, cede, cede, ay, apresúrate a neutralizar el veneno. GENARO ¡Santo cielo! LUCRECIA El tiempo vuela, ah! apresúrate a neutralizar el veneno. Sí, Genaro, bebe, cede, ah, apresúrate a neutralizar el veneno. GENARO (como escuchando) Maffio se está muriendo. LUCRECIA ¡Cede... por tu madre! GENARO Vamos: tú sola eres la causa de su dolor. LUCRECIA No, no, Genaro. GENARO La oprimiste. LUCRECIA No lo creas. GENARO ¿Qué le hiciste? LUCRECIA Vive, ah. Vive y te habla con mi mismo dolor, con mi mismo terror. GENARO ¡Cielos! ¿Tú, quizás? LUCRECIA ¡Ah! Sí, soy yo. GENARO ¡Tú! ¡Dios mío! Desfallezco. (Cae sobre una silla) LUCRECIA ¡Hijo mío! ¡Hola! ¡Rápidos, acudid! ¡Ayuda! ¡Ayuda! Nadie me escucha, todos están lejos; Dios piadoso, consérvale la vida. GENARO Cesa, es demasiado tarde. Me faltan las fuerzas, tengo frío. LUCRECIA ¡Infeliz de mí! GENARO Tengo un velo ante los ojos. LUCRECIA Genaro querido, solamente una palabra. Una mirada por piedad... GENARO ¡Madre! Muero: ah, me muero (Genaro muere) LUCRECIA (horrorizada) Ha muerto, ha muerto. (Se oye ruido y pasos) ¡Hijo! ¡Ha muerto! ¡Ah, hijo! (Las puertas de abren. Alfonso entra con Rustighello, seguido de guardias y mujeres) DUQUE ALFONSO ¿Donde está él? ¿Dónde está? LUCRECIA ¡Él! (Señalando a Genaro inerte) Míralo. ALFONSO Y GUARDIAS ¡Ah! LUCRECIA Era hijo mío, mi esperanza, mi consuelo, él podía aplacar a Dios, parecía purificarme. Toda luz con él se apaga, y con el mi alma ha muerto. Sobre mí el cielo arroja su saeta vengadora. GUARDIAS Y MUJERES ¡Qué misterio! ¡Horrible suceso! ¡Ah! LUCRECIA ¡Ah! Era hijo mío, etc. Sobre mí el cielo arroja su saeta vengadora, etc. GUARDIAS Y MUJERES Socorredla, muere, etc. (Lucrecia se desvanece en brazos de las doncellas) FIN |